Persian Pelican – How To Prevent A Cold (Autoprodotto, 2012)

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Placidamente pop. Indie pop. Elettroacusticamente indie pop. Questo giusto per tentare di riassumere in maniera funzionale il secondo lavoro, dopo quattro anni dall’esordio, di questo progetto. Il classico album-gioiellino che mi fa sorridere nelle fredde mattinate in cui il sole scioglie la – poca per fortuna – neve sui prati. Melodie semplici – ma solo in apparenza… basta ascoltare la sbilenca Overcast Sky o la splendida title track tutta arpeggi che si trasformano in riff quasi elettronici e cambi di tempo improvvisi per rendersene conto – e di forte impatto emotivo. Un Vic Chesnutt nostrano – trasferitosi momentaneamente in quel di Barcellona – che mette mano al songwriting tipicamente prodotto negli States per innestarlo con un neofolk che risulta sempre leggero e ottimamente suonato da Andrea Pulcini che si avvale di preziosi arrangiamenti con alla fisarmonica Paolo Testa e al violoncello Francesco Testa. I testi dei Persian Pelican sono cuciti attorno a tristi storie che parlano del famigerato gioco al massacro di alcuni rapporti sentimentali e prendono spunto da eventi autobiografici, citazioni cinefile (a quanto pare Pulcini è appassionato di cinema iraniano) e un certo crepuscolarismo – Gozzano soprattutto -. Spesso però, devo dire, questa dichiarazione di intentata tristezza cozza con la melodia che invece, almeno per me, profuma di delicata positività (certo, avrei dovuto capire che Glass Fragments In The Soup o There’s No Forever For Us non parlavano di niente di buono, ma insomma…)- Little Red Riding Hood, Indian Ink -. Sottoscrivo la definizione di How To Prevent A Cold come un insieme di paesaggi sonori, dodici tracce che, al contrario di come recita il titolo dell’album, non forniscono nessuna ricetta nè soluzione. Raccontano solo a chi ascolta, ma lo fanno egregiamente. E che siano storie piacevoli o meno, sono proprio ben raccontate.