Paul Beauchamp – Grey Mornings (Boring Machines, 2017)

Temperatura controllata sui 25° per accompagnare il sonno indotto di un viaggio nello spazio. Anni luce sicuramente. Il delicato album di Paul Beauchamp è l’ambiente sonoro ideale per svuotare la mente e affacciarsi su un vuoto imperscrutabile. Una purificazione quindi, non attraverso il rumore bensì tramite la sospensione: un dondolio armonico capace di trascendere la materia e portare a stadi di coscienza non sempre piacevoli. L’ennesimo centro della Boring Machines che ancora una volta alza l’asticella delle percezioni (extra?) sensoriali. Grey Mornings emana profondità. Una specie di precipizio non orizzontale che, come citato all’inizio, sembra non avere fondo. Potremmo anche soffermarci sui dettagli strettamente musicali e/o sugli arrangiamenti, ma non mi pare ce ne sia bisogno per rendere comprensibile il giudizio sul lavoro. La destinazione è ignota e i disturbi ambientali prodotti dalle macchine che accompagnano risultano a farci sentire vivi. In definitiva, “io sono vivo e voi siete morti”, ma vale felicemente anche il contrario. Buon viaggio terrestri.