Ooopopoiooo – 18/05/2014 Teatro Santissima Trinità (Verona)

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Cambio di location per le serate dell’associazione Morse, un nomadismo utile a farci conoscere nuovi spazi e realtà: questa è la volta del teatro Santissima Trinità, situato accanto alla splendida chiesa romanica da cui prende il nome. Di scena stasera Ooopopoiooo, duo composto da Vincenzo Vasi, thereminista del terribile Vinicio Capossela (ma in realtà con un curriculum ben più ricco e invitante) e dalla polistrumentista Valeria Sturba, anche lei, nonostante la giovane età, con alle spalle collaborazioni di tutto rispetto.
Il pur piccolo teatro conta stasera diversi posti vuoti; è tendenza consolidata, fra il pubblico presunto “alternativo”, l’andarsi a vedere un gruppo per la centesima volta, piuttosto che rischiare con qualcosa di diverso. Non è storia di oggi ed è quindi inutile dilungarsi, ma è un peccato, perché la serata riserverà delle belle sorprese. In partenza si annunciava uno spettacolo che avrebbe mischiato musica classica e contemporanea; a confondere le tracce c’erano le voci di un soundcheck piuttosto pop e l’istrionismo di Vasi, anche visivamente un improbabile incrocio fra Xabier Iriondo e Patrizio Roversi. La parola alla musica, dunque. Sul palco troviamo due theremin sono in primo piano e nel ooopopoio_2mezzo, a dividere i due musicisti, un lungo tavolo ingombro di strumenti che dal basso non è facile distinguere, ma che scopriremo strada facendo. La partenza è delle meno convenzionali, un medley dove Philip Glass va a braccetto con Aphex Twin, dove La voce mutevole del theremin, ora simile a un coro lirico, ora al violino di Frau Blucher, fa da padrone, ma lascia spazio agli interventi di violino (vero), synth, chaos pad e drum machine. La techno e il minimalismo si incontra sul terreno neutro dello stile Ooopopoiooo , fino a sfociare nel caos completo: il risultato è davvero ottimo, oltre a rappresentare un buon viatico per il prosieguo del concerto. È subito un’altra cover, stavolta di Count Basie, una Lil Darling per spazzole, theremin e altre diavolerie, dove il jazz viene trasfigurato e poi si parte con una trilogia di brani originali, uno in particolare caratterizzato da vocalizzi molto free fra Demetrio Stratos e il cabaret. In realtà, sia che il duo interpreti brani altrui, sia che si dedichi ai propri, rimane questa una musica mutevole e difficilmente etichettabile, della quale non solo è difficile trovare paragoni ma neppure un genere di riferimento, se non collocandola entro un vaghissimo triangolo di musica contemporanea, jazz di confine ed ooopopoio_3improvvisazione. Sono comunque sempre brani mediamente lunghi e compositi, che alternano momenti di stati ad altri di tensione e dove i due musicisti saltano di genere in genere e di strumento in strumento all’insegna di un eclettismo che non scade mai nella follia gratuita. In fin dei conti l’atteso theremin è sì molto presente, ma ha, per così dire, solo la maggioranza relativa, dovendo concedere spazio anche a chitarra, campanelli e ad altri strumenti già citati. In quasi un’ora e mezza di esibizione trovano spazio, intervallati dalla voce un po’ da orco di Vasi, una rivisitazione di Crystal Ling degli Ella Guru, in cui ha militato insieme a Giorgio Casadei, un altro brano caratterizzato da vocalizzi sovrapposti e sovreccitati, un sorprendente pezzo di pop ricercato alla maniera di Battiato, Mandòrle, e un bis con un nuovo medley, che combina, con alterne fortune, Stabat Mater e il Bolero di Ravel. È un concerto senza baricentro, fascinoso e un po’ dispersivo, dove i vari stili a volte vanno a braccetto ed altre a cozzare, ma dove il gioco, in fin dei conti, vale ampiamente la candela. I presenti, credo, non saranno rimasti delusi.

Foto di Niccolò Lucchi