Om – God Is Good (Drag City, 2009)

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Con un titolo che li proietta di prepotenza nel pantheon del rock cristiano a fianco di nomi come Stryper e xDisciplex A.D., gli Om tornano con una nuova formazione e noi li recensiamo, con colpevole ritardo, a pochi giorni dalla loro venuta in Italia. L'ingresso del nuovo batterista Emil Amos, in comproprietà coi Grails, accelera l'allontanamento, già evidente in Pilgrimage, dal doom'n'bass degli esordi verso una musica che guarda a luoghi remoti nello spazio e nel tempo. La frequentazione del copto David Tibet deve aver lasciato il segno. Partendo dalle suggestione pinkfloydiane del suo predecessore, God is Good va a bagnarsi nelle acque del Giordano, alle fonti della spiritualità occidentale, uscendone cambiato nei suoni e nelle atmosfere. Thebes, che da sola occupa oltre metà album, vede comparire la distorsione dopo ben otto minuti di basso scarno e percussioni, ma si tratta più di esaltazione mistica che erompe da un meditazione che non delle furiose e coinvolgenti impennate del passato. La voce è una cantilena, che senza il supporto di una musica fragorosa lascia trasparire qualche limite, la batteria si è fatta più dinamica e il gruppo si apre, per la prima volta, a delle collaborazioni: Robert Aiki Aubrey Lowe (alias Lichens) presta voce e tambura mentre la ex Amber Asylum Lorraine Rath colora d'Oriente, col suo flauto, Meditation Is The Practice Of Death, già impreziosita da un gran lavoro di percussioni. In chiusura Cremation Gath, divisa in due parti, si adagia definitivamente sui deserti del Sinai. Un album dal suono asciutto e non particolarmente scuro, almeno per come gli Om ci avevano abituati, che si impone con meno forza rispetto ai precedenti e per essere apprezzato richiede, più che partecipazione, profonda condivisione. Se non di ideali religiosi, almeno di una buona dose di ganja.