Mara Carlyle – The Lovely (Accidental, 2004)

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C'è un punto in Punch Drunk Love, Ubriaco d'Amore di Paul Thomas Anderson, dove, nel turbinio di violenza, reazioni inconsulte, ricatti, tensioni trattenute, Emily Watson si trova alle Hawaii con Adam Sandler e sullo sfondo si ascolta un canto femminile locale con ukulele.
Se mettete una parrucca scura a Emily Watson e le fate cantare quel pezzo, abbiamo un buon punto di partenza comune per capire la signora, o signorina, Mara Carlyle.
Lungi da me cetare, spettegolare, su eventuali rapporti extra lavorativi che leghino questa autrice al suo attuale datore di lavoro Matthew Herbert, soprattutto visto che lo zampino qui è più dei Plaid. Soprattutto, tocca a loro riordinare il caos delle registrazioni casalinghe su quattro tracce di Mara, portando a conclusione un personale lavoro casalingo durato anni. La leggenda vuole che sia stato registrato anche un intero quartetto d'archi in presa diretta dal soggiorno.
Niente ambientazioni glaciali o scherzi di derivazione Hackiana qui. Questo è un disco caldo come il sole ma che, dietro ad una apparente agiatezza alla "sto bene e non te ne dò la colpa", nasconde oscurità non da poco: vedi ad esempio la classicheggiante e Schumanniana I Blame You Not.
Tra echi di melodie anni '40 e screziature jazz il pop di classe traspare limpido come l'acqua di sorgente. Una sorta di incrocio tra la Norah Jones spiattellata su tutte le televendite di musica televisiva e una raccolta di sofisticati lied arrangiati nelle maniere più inconsuete. Emblematica è Saw Song dove duetta splendidamente con una sega. Da sentire assolutamente per il suo perfetto quanto semplice arrangiamento che rimanda a certe trovate care a Patrick Wolf. Un duetto che, appunto, spiega meglio la logica facile facile cui sottosta questo disco.
Una voce splendida, di quelle che capitano raramente su questi lidi. Pochi tocchi di strumenti non troppo comuni: mbira (nella conclusiva For Me), sega (nella già citata Saw Song), ukulele (nella splendida Baby Bloodheart)… Manca giusto il kazoo. E poi pochissimo altro. D'altronde di cosa hai ancora bisogno? A quel punto ti mancherebbero soltanto le canzoni! Classiche. Pulite. Entusiasmanti e lievemente emotive. E, per essere sicuri, un buon lasciapassare per il mondo, il poco signorile calcio in culo, come giusto l'etichetta di Herbert può offrirti.
Un disco amabile, Lovely come perora il suo stesso titolo, che, forse, passerà alla storia, come già Dani Siciliano, soprattutto come splendido e fulgido esempio del fare del bene di una persona di gusto con una buona dose di moneta. E ora tutti in coro a cantare in coro con Mara su tappeti di ukulele e seghe varie.