LvQ – (Y) (Autoprodotto, 2009)

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Il passo più duro è stato mettere il CD nel lettore, superando la paura di trovarsi davanti all'ennesimo gruppo di metallari nati troppo tardi per gareggiare con Steve Vai e ridottisi a torturarci col math più pirotecnico. Ad alimentare i timori era la copertina dalla grafica "tecnologica" e la formazione, tipico terzetto rock affiancato da ben due postazioni di elettronica. Invece, poiché la fortuna aiuta gli audaci, i LvQ battono tutt'altri lidi e sono un ascolto davvero piacevole. Si tratta di post-rock molto rock e discretamente jazzato, debitore dei Tortoise di Millions Now Living… e che ricorda talvolta i tedeschi Neu! (probabilmente per il fatto che proprio il gruppo chicagoano doveva qualcosa a certo kraut rock). Giocando più sulla varietà dei ritmi e dei suoni che sulla dinamica i cinque veneti mettono insieme sette composizioni eleganti e lineari ma non ingessate, che anche nei momenti più veementi non cadono preda dell'horror vacui che imporrebbe l'inserimento del maggior numero di note nel minor tempo possibile. Sotto alle chitarre dilatate e al basso pulsante emerge l'ottimo lavoro della batteria, mentre sarebbe interessante vedere i campionamenti, tratti da programmi televisivi e film, inserirsi più in profondità nel tessuto delle canzoni, come avviene per la sola 8861389 Emicranie. In un disco che si distingue per la levità e la bontà della scrittura, sconcerta un po' la chitarra quasi AOR combinata con gli scratch di XX Secolo E ½, ma è solo un'innocua scivolata che non diminuisce il valore dell'album.