Liars – 28/05/13 Interzona (Verona)

Torna in Italia in gruppo newyorkese, per presentare l’ormai non recentissino WIXIW e immancabilmente fa tappa a Interzona, con cui si è evidentemente creato un legame di reciproca stima: se non contiamo male, è la terza volta che i Liars calcano questo palco, per noi è la seconda volta che li vediamo.
L’inizio della serata è dei più travolgenti: usciti dal locale dove abbiamo consumato la consueta pizza pre-concerto, ci fermiamo ad osservare il colossale tourbus decorato una pubblicità del Ray-Ban Envision Tour dove un uomo nudo irrompe sul palco di una band emo-black metal (?!).
Si avvicina un tipo con parlata che testimonia come Verona non sia quel feudo leghista che il sindaco Tosi forse vorrebbe: “di cchi è ‘sshto ppullam?”
“del gruppo che suona qui stasera”
“e ccome s’ecchiamano?”
“Liars”
liars_interzon_2013-2“Ah, Laie. Eccheffanno, rocchenroll?”
“Sì, rock’n’roll”
“E voi v’andate a vveddere ‘sti ricchioni?! Divertitevi. Buonasera…”
Sì, buonasera. Entriamo.
La scorsa volta, novembre 2010, avemmo il piacere di assistere all’esibizione di John Wiese come opening act: stasera non c’è nessuno, ma dato il giorno infrasettimanale la prospettiva di un concerto non troppo lungo non è del tutto sgradita. WIXIW non è certamente un album epocale, ma segna una virata nel suono dei Liars certamente salutare dopo l’aria di routine delle ultime prove, aria che si trasmetteva anche alle esibizioni dal vivo. In accordo con un album prevalentemente elettronico, stasera il palco è sobriamente allestito con le tre postazioni dei musicisti, preponderanza di synth e una batteria ridotta al solo rullante e charleston: il resto sono pad e diavolerie elettroniche; sul fondo un basso e una chitarra, di cui non si abuserà. Non c’è il pienone visto con gli Swans, anche perchè il giorno è infrasettimanale, ma il pubblico è numericamente discreto e va man mano aumentando fino al momento in cui il gruppo sale sul palco. Angus Andrew si presenta con una pettinatura a caschetto con frangia gigante in stile, ma soprattutto una faccia gonfia che ricorda il Dan Ayrkroyd dei tempi peggiori; fortunatamente il suo stato di forma è nettamente migliore, e lo dimostrerà agitandosi durante tutta la performance. Ai suoi lati si dispongono gli altri due: Aaron Hemphill, pallore spettrale e maglione informe, sembra prelevato da un video dei Cure, mentre Julian Gross, capello lungo e giacca, si conferma gran lavoratore anche dietro le pelli virtuali. Si parte subito con spediti fra il pezzo che dà il nome al nuovo liars_interzon_2013-3lavoro e l’applaudito singolo No 1 Against The Rush, una scaletta dove i brani nuovi faranno la parte del leone; l’atmosfera non è però così sulfurea come si ascolta nell’album, dal vivo emergono i lati più freddi e wave e, in certi momenti, sembra di trovarsi in una discoteca dark tedesca di una trentina di anni fa, sebbene qualcuno fra il pubblico si ostini a ballare in modo dissennato come al cospetto di un qualsiasi, inutile gruppo punk-funk. Poca New York e tanta Berlino, in definitiva, ma non quella modaiola di oggi, bensì quella dei tempi belli della cortina di ferro. In accordo con quell’estetica, Andrew sfoggia movenze alla Nick Cave d’annata e un entusiasmo che da sempre gli si riconosce e che l’attuale pinguedine non attenua, mentre i due colleghi si dividono fra i rispettivi strumenti e le rare chitarre e bassi che punteggiano alcune canzoni. Rispetto alla scorsa volta il gruppo appare decisamente più in palla, vivificato dal nuovo corso e meno legato alla routine e alla necessita di “fare i Liars”. Si mettono in gioco, insomma, rivisitando anche pezzi classici con delle versioni che sono praticamente dei remix live, senza quella bidimensionalità che la preponderanza di strumenti elettronici avrebbe potuto far temere. Il finale è suadente, con un nuovo brano decisamente tranquillo: sarebbe un perfetto arrivederci, ma nei bis l’atmosfera si fa di nuovo esagitata e la chiusura è decisamente in crescendo. Settanta minuti di musica e non un momento di noia: la scarica di elettronica ha decisamente giovato.

Foto di Emanuela Vigna