Improvvirusoundexperience – Supercoclea For New Apes (Setola Di Maiale, 2008)

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Grazie ad internet avevo già sentito qualcosa di questo mammut di tredici elementi a fiati, batterie, chitarra, basso elettrico e piano. Il linguaggio è categoricamente jazz e a dispetto di quanto possa far pensare la definizione "improvvisation orchestra" che campeggia sul lato della copertina, trattasi di musica molto irregimentata e dove l'improvvisazione si muove attraverso maglie molto strette. Con quest’ultima affermazione potete subito porre un oceano e mezzo di distanza fra loro e molta improvvisazione radicale e/o con molta di quella alla "va là che vai bene" del tipo "improvvisazione?… Cazzo, è buttare roba a caso… son capace pure io!". Invece per Improvvirusoundexperience suono "pulito" e camicia dentro ai pantaloni, anche per il taglio della registrazione che riporta la grana sonora al meglio e forse l'unica magagna è il piano elettrico che cozza un po' con il calore del resto degli strumenti (persino la chitarra elettrica) non per le note ma per il suono. Quattro tracce di cui un è una cover degli Art Ensemble Of Chicago che fa sempre la sua porca figura, anche perché anche se il suono di questa piccola orchestra a suo modo è "bianco" fanno girare egregiamente la ruota di Roscoe Mitchell e soci. La registrazione è il frutto di un ripresa live quindi un minimo di riverbero extra è da mettere in conto, ma ripeto è davvero buona e la "big band" macina che è piacere, tant’è che la cover degli Art Ensamble non fa neppure lo scalino quando suonano i loro pezzi, sia che si tratti di tracce più frammentate come Eliogabalo, sia che si tratti di prestazioni corali nel senso più classico come in Flowers For John. Il taglio di molti contrappunti di alcune sezioni di fiati ha un sapore jazz anni '60, proprio l'era in cui molti reazionari jazz vedono il vertice e la fine dell'evoluzione del genere (che per quanto mi riguarda è una di quelle cazzate come parlare di "fine della storia"), il fatto è che pur suonando classici questi musicisti del nord est lo sono solo in parte. Di sicuro gli Improvvirusound hanno molto più interesse nel limitare ogni "libera uscita" con dei paletti che delimitino ben bene il campo i gioco, lo fanno in modo molto elegante e caldo tanto che potrebbero piacere persino a gente che di musica del genere ne ha masticata e ne mastica poca. Se in Italia il jazz non fosse ancora più pieno di paraculaggi del giro delle guardie del Pantheon, della scuola di regia di Roma e degli artisti genovesi del Nouvelle Vague, questi li vedreste girare spesso a suon di sovvenzioni comunali.