H!U – S/T (Corpoc/Esercizi Di Assenza, 2014)

Quanto il crescere fra boschi e sassi in provincia di Lecco possa aver influenzato la genesi di H!U, creatura del poco più che ventenne Davide Sperandio, non è facile da valutare. Verrebbe da dire nulla, se si pensa che il suono sintetico che troviamo nell’album niente ha a che spartire con la natura e l’isolamento di certi luoghi; molto, se si considerano questi ritmi e droni di matrice schiettamente urbana come un tentativo di evasione da certi scenari.
Poco importa comunque, this is not Birmingham, ma potrebbe benissimo esserlo, la Birmingham alla metà dei ‘90: la cosa che infatti impressiona maggiormente è la perizia con cui un musicista così giovane padroneggi un suono in auge quando lui era al massimo in fasce e che, a memoria mia, non ha finora goduto di un revival tale da giustificare un interesse postumo. Ebbene, quel suono – elaborato da frange del giro industriale e  metal evoluto che cominciarono a guardare all’elettronica come medium privilegiato, veicolando attraverso le macchine le proprie inquietudini – lo troviamo vivo e vegeto in questi sei pezzi sapientemente assemblati. Si apre con Meta, che ripercorre a ritroso la carriera di Justin Broadrick – partendo da atmosfere mesmerizzate alla Jesu fino a sfociare in pesanti cadenze proprie dei Godflesh auto-remixati – poi, sempre senza perdere di vista le melodie, è un susseguirsi di dub sintetici, ambient ritmici e battiti pesanti che richiamano alla mente tanto gli Scorn post-Colossus quanto la seminale compilation Ambient 4: Isolationism; menzioni particolari vanno all’EBM darkeggiante di Death Encore e alla sporcizia industriale con campionamenti vocali (rubati a Il Teorema Del Delirio) di NTMRTM. Il lavoro di sintesi del materiali è estremamente ben fatto e il disco è godibilissimo; se Sperandio saprà arricchire la formula con un tocco più personale e attento al contemporaneo, non ce ne sarà più per nessuno.