Hexn – YY (Zen Hex, 2018)

Onestamente le primo uscite di Hexn, al secolo Alberto Brunello, non avevano destato in me particolare interesse: si accodavano al carrozzone psychocculto italico, che allora andava per la maggiore, senza troppo distinguersi dalla massa. Non discuto la sincerità del musicista ma il progetto necessitava evidentemente di maturazione: già nel brano prestato alla compilation Éxotic  Ésoterique Vol. 2 su Arte Tetra cominciava a sentirsi qualcosa di più interessante e oggi, con questo 7”, il percorso verso la definizione di un suono più personale può dirsi concluso. L’idea del dualismo e della lotta fra gli estremi (luce/ombra, bene/male…) che ha ispirato le composizioni – ed è ben esplicata dalla copertina curata da Mik Bòiter – ci offre una chiave di lettura adatta ad indagare i vari aspetti del disco. Va certamente visto sotto questa luce il gioco fra strumenti acustici (i fiati “esotici” curati da Giuseppe Dal Bianco) ed elettrici/elettronici (synth, chitarre, sampler), l’equilibrio teso fra melodia e rumore e fra battiti scanditi e dilatazioni droniche. Tuttavia l’aspetto più interessante mi sembra il dualismo – ricomposto all’interno dei brani ma sempre fertile – fra Occidente e Oriente, fra la concretezza industriale del primo (i ritmi, la ruvidezza di certi suoni) e il non meno forte afflato spirituale del secondo: l’uso dell’elemento “etnico” è spregiudicato, con accostamenti anche arditi fra fiati tremolanti e pesanti ritmi meccanici, ma sempre rispettoso, lontano da certi riferimenti troppo facili come da ogni agiografia etnopoliticamente corretta. L’Oriente di YY è una presenza forte, ancorché indistinta (difficile dire se i suoni siano “rubati” al Medio Oriente, al subcontinente indiano o ancora oltre), che feconda il polo opposto all’insegna di un originale suono euroasiatico: filosoficamente parlando (le somiglianze musicali sono piuttosto lontane da entrambi) siamo più dalle parti degli T.A.G.C. di Digitaria che a Muslimgauze. Che poi tutto questo sia contenuto in due sole composizioni che sommate nemmeno sfiorano il quarto d’ora, è un ulteriore merito da iscrivere al musicista: adesso lo attendiamo al varco di una prova di maggior durata.