The Great Saunites – Brown (Neon Paralleli/Hypershape e altre, 2018)

The Great Saunites chiude la trilogia dei colori aggiungendo al nero e al verde il marrone e l’effetto è assolutamente dirompente. Brown fa suonare il duo lodigiano come mai aveva suonato prima d’ora, senza snaturarlo eppure cambiandolo completamente: sparisce la ricerca del groove e la linearità ipnotica della ritmica, mentre voci campionate compaiono in ogni pezzo e la melodia lascia spesso spazio a blocchi e strati di rumori concreti; invariata è la predisposizione al viaggio psichedelico, che prende però forme davvero inattese. Cosa è successo? L’impressione è di essersi persi qualche passaggio. Vado a riascoltare Green, ma nemmeno col senno di poi trovo qualcosa che giustifichi quanto si ascolta qui. Mi viene da pensare che le incursioni nell’elettronica analogica dei progetti paralleli di Angelo Bignamini abbiano lasciato il segno ma qui la mutazione maggiore la subisce la batteria di Marcello Groppi che disegna figure al confine col jazz più radicale e non di rado è un elemento più espressivo che ritmico. Forse è inutile perdersi in dietrologie, atteniamoci ai fatti. Basta l’ascolto del pezzo eponimo, un quarto d’ora in apertura del disco, per rendersi conto di quanto siano cambiate le cose: si parte con un lungo accordo di synth su cui ondeggia il suono di quel che potrebbe essere un digeridoo, si aggiunge una lontana voce declamante, poi entrano il basso con un curioso effetto subacqueo e la batteria che disegna svolazzi free senza troppa fretta. A questo punto non siamo nemmeno a un terzo della traccia. Proseguendo sentiremo  il basso prendere corpo, vocalizzi femminili emergere dal fondo e incrociarsi con una voce maschile narrante. Siamo a metà quando la batteria parte con un ritmo regolare a cui si accoda il basso e una voce dalla rapida parlantina (in russo!); è questo il momento tutto sommato più canonico, finché una tromba sfasatissima (ma sarà davvero una tromba?) porta tutto in territori jazz-rock dove il brano si spegne improvvisamente. Vi basta? Ci avete capito qualcosa? Avanti veloce: Respect The Music è una coraggiosa dichiarazione a favore della musica legale dove a dare ritmo e cadenza è un lungo loop vocale sotto cui la sezione ritmica improvvisa toccando anche tono piuttosto hard (c’è Luca Ciffo della Fuzz Orchestra alla chitarra); Ago è una composizione per piano, batteria rotolante e rumori concreti che tira ancora verso il jazz; Controfase occhieggia allo stoner ipnotico a cui il gruppo ci ha abituati ma è ondivaga e quasi orientaleggiante; Brown (Reprise) resuscita i droni dell’inizio, poi chiama nuovamente in causa il piano, i rumori, i campionamenti in russo (stavolta una donna) e chiude con quella che sembra essere…una partita a tennis (?!). Brown ci lascia con davvero poche certezze, forse solo quella che The Great Saunites si sono stufati di fare le cose in un certo modo e sono alla ricerca di nuovi stimoli: il rock rimane un filo sottile che emerge ogni tanto per  legare i vari momenti, ma più spesso trasfigura la sua ruvidezza e matericità in forme inedite mentre, dal punto di vista formale, nemmeno le estreme dilatazioni post-stoner possono essere ormai considerata una categoria soddisfacente. Non vorrei spararla troppo grossa e ancor meno menar gramo, ma per certi versi mi hanno ricordato le mutazioni degli Iceburn di fine carriera: stilisticamente siamo lontani, ma l’attitudine e la volontà di superamento di qualsiasi tipo di schema mi sembra simile. In definitiva siamo alla presenza di un lavoro misterioso e affascinante, che richiede tempo per essere assimilato e ancora più tempo – e forse un pizzico di fortuna e intuito – per essere capito; se in chiusura vi aspettavate un giudizio più netto è meglio che ripassiate fra qualche mese.