GNU – Experimental Open Session @ SPM Ivan Illich (Setola Di Maiale, 2008)

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Non so se avete sentito parlare o visto qualche cosa del giro degli improvvisatori bolognesi, ma se ancora non vi fosse capitato, direi che è ora di appuntarselo nell’agenda: un po’ perché giustamente facendo gruppo è questione di tempo che qualcuno si accorga di una buona sinergia e poi per il fatto che dietro questo cappello (composto dai molti musicisti che ruotano attorno all’area dell’improvvisazione bolognese) si nascondono nomi più o meno conosciuti ed emergenti del panorama italiano.
Lo GNU è un evento non troppo diverso da quelli che si hanno a Londra e in altri posti come al Knitting Factory di New York, sessioni di improvvisazione per diversi gruppi/musicisti chiamati appositamente: questo disco ne raccoglie alcune performance. Tanto per andare subito alle categorie che tanto vengono criticate dai radical borghesi da salotto (me incluso, hai ragione amico Fritz!), ma che tanto (magari anche solo a livello inconscio) vanno a cercare tutti, si tratta di un doppio cd di improvvisazioni il cui ambito è per lo più quello del jazz-avanzato, dell’impro più o meno colta, della contemporanea (poca ma c’è), quindi nulla di noise o particolarmente fracassone: anzi, se quello che cercate è l’eleganza provate questo disco senza indugi (e sia chiaro, ben venga anche la "non eleganza": vestiti diversi per occasioni diverse). Un doppio live molto ben registrato ed eseguito allo stesso livello, fra i nomi che possiamo menzionare ci sono quei Nicola Guazzaloca e Tim Trevor-Briscoe che quest’anno hanno siglato un piccolo capolavoro per piano e sax su Leo records, poi Luca Bernard, Cris Iemulo, Edoardo Maraffa, Filippo Giuffrè, Dario Fariello, Fabrizio Puglisi ed altri nomi che se masticate di improvvisazione avrete visto coinvolti in questa o quella impro, o partecipare a questo o a quel disco. Ripeto, inutile continuare con la solfa che siamo tutti uguali, perché queste cazzate da azione boy scout e da centrismo casini-rutelliano-democristian-forzaitaliota non generano altro che mostri: per quanto non esistano compartimentazioni stagne e scale (al più esatonali, anche se manco so che cazzo sono) o soprattutto scuole che garantiscano il livello di un’improvvisazione, ci sono modi, tecniche e risultati differenti per musicisti, approcci e combinazioni differenti. Anche su questo disco stesso non tutti improvvisano allo stesso modo, ma resta che per quanto molto contestualizzato all’interno di un circuito e/o appunto legato proprio al background comune (quanto meno di ascolti) di molti dei musicisti coinvolti, si tratta comunque di materiali molto evoluti e di improvvisazioni ben lungi dall’essere l’aborto di una jam session fatta alla carlona. Il nuovo jazz che avanza se non come jazz propriamente inteso (quindi vade retro al pubblico jazz da serata organizzata dal comune per le autorità in prima fila), nuovi nomi che cercano spazio e che per quel che mi riguarda spesso soppiantano cose che evidenza ne hanno già avuta fin troppa. Una serie di tracce che altalena fra un livello ottimale ed una resa "semplicemente" buona (manco fosse poco), due o tre momenti notevoli, ma quel che conta è che il disco oltre a scorrere molto bene gode di una tracklist ben fatta che quindi alleggerisce di parecchio l’ascolto, altalenando cose più dinamiche a conversazioni che puntellano il silenzio. Un disco grazie a cui si può prendere confidenza con un circuito che bene o male fa parte delle nuove realtà dello stivale.