Gerstein – Live Radio Blackout 1999 (Luce Sia, 2016)

È uno dei nomi storici della musica di ricerca nostrana quello di Gerstein, sigla dietro cui si nasconde il torinese Maurizio Pustianaz, anche fanzinaro, giornalista musicale e DJ a radio Blackout dove conduceva una trasmissione col nostro vecchio collaboratore Fabio Battistetti. Vecchia è anche queste registrazione, risalente al 1999, che fotografa un momento fondamentale per il progetto torinese. Se avete una minima dimestichezza con la sua discografica conoscerete l’inquietudine che lo ha sempre caratterizzato e che dai cut-up esoterici degli esordi (Phlegmaticus) porta – passando dal noir pianistico sporcato di rumore di Sucker – al rock difforme ed occulto di St. Anthony Fire, marchiato dall’uso di synth, chitarre elettriche e campionatori. Il percorso che ho brevemente illustrato è ben leggibile nella recente raccolta 32 Years Of Rain, ma per comprendere appieno la svolta del nuovo millennio è indispensabile l’ascolto di questa cassetta che si pone come documento fondamentale. Ce lo spiega chiaramente Pustianaz nelle note di copertina: “stavo vivendo una crisi creativa, così pensai che la soluzione fosse cambiare tutto. Ma come? Decisi di avere un diverso approccio al suono manipolando campioni e frequenze create col PC”. Contando che fino ad allora nessuno degli elementi utilizzati nei vari periodi era mai scomparso completamente dall’orizzonte del progetto questa scelta risulta ancora più significativa e radicale. Via dunque il piano, via l’improvvisazione come punto di partenza delle composizioni e largo a sonorità e metodi nuovi – pur in un’evidente continuità di spirito – che porteranno alla nascita del (cito sempre l’artista) “materiale più violento che abbia mai registrato”. In effetti, fatte salve le prime tre tracce che accostano rumore e melodia e insistono su ritmi sintetici che molto devono al suono del tempo, dalla traccia 4 – che odora di inquietudine e di industrial vecchia scuola – si svolta verso atmosfere cupe e sonorità più ruvide, con la voce che si distorce (o viene campionata) e il suono che tocca spesso e volentieri territori harsh. Lo fa tuttavia col piglio curioso di un artista che, seduta stante, sperimenta nuove strade, per cui, pur entro una cornice stilistica data, nessun brano assomiglia all’altro e anzi si trovano intriganti commistioni (ad esempio la traccia 6, dove alle frequenze distorte si sovrappongono ritmiche che ricordano i Godlfesh più sintetici e dub). Live Radio Blackout 1999 è un ascolto interessante per chiunque sia appassionato di certi suoni ma il suo essere testimonianza di un snodo cruciale nell’esistenza di Gerstein è sicuramente un valore aggiunto. L’ascoltatore che quasi vent’anni fa sentì annunciare in coda all’ultimo brano “grazie a tutti, ho finito” avrà pensato di assistere alla conclusione di qualcosa; noi ora sappiamo che era un inizio.