Fuzz Orchestra – Morire Per La Patria (Wallace/Boring Machines/Brigadisco e altre, 2012)

Tornano col loro noise ’70 diversamente strumentale, cinematografico e politicizzato, i Fuzz Orchestra e, per la prima volta su disco, schierano Paolo Mongardi alla batteria. L’intensa attività live degli ultimi tempi ha sicuramente consentito al nuovo arrivato di acclimatarsi, così come ha permesso di rodare buona parte dei brani che troviamo in Morire Per La Patria.
Sarà forse anche per questo che l’album riesce a perfeziona la tendenza emersa con Comunicato N°2, quella di una maggior indipendenza fra musica e parole, diversamente dall’emozionante ma ostica fusione che caratterizzava l’album d’esordio, a parere di chi scrive tutt’ora il capolavoro della band. Rispetto al non del tutto convincente predecessore, si diceva, le cose sono ora molto più a fuoco: il trio, in quattro pezzi su sette allargato con l’innesto di selezionati ospiti, getta sul tavolo argomenti forti, realizzando il proprio album manifesto. Mai prima d’ora i Fuzz Orchestra ci avevano parlato in modo così forte e chiaro, attraverso campionamenti in cui la cronaca è bandita, a favore dei soli sample cinematografici in cui i dialoghi cedono il posto ai monologhi, veri e propri assunti teorici, dichiarazioni d’intenti: la sfiducia verso qualsiasi forma di potere del Volonté/Giordano Bruno, l’analisi anticapitalistica di Flavio Bucci da La Proprietà Non È Più Un Furto, la selezione di discorsi cristologici fra i meno democristiani e più rivoluzionari dal Vangelo Secondo Matteo di Pasolini, che fa il paio con la visione metafisica e apocalittica dello Jodorowsky de Il Paese Incantato. Musicalmente il gruppo dimostra di sapersi muovere con sicurezza, facendo emergere e armonizzando tutte quelle influenze che prima erano abbozzate, il jazz in primis (grazie anche al supporto dei fiati di Enrico Gabrielli e Edoardo Ricci), senza che si perda una potenza di fuoco prettamente hardcore. Mai così chiara era stata anche la presenza dei Black Sabbath: non quelli ovvi del rifferama doom ma quelli maggiormente ricchi di groove; più Butler che Iommi, insomma. Sebbene l’originale uso di voci campionate rimescoli le carte, rendendo difficili confronti e paragoni, non si è lontani da un certo spirito che animava quei gruppi del giro punk/HC dell’80, ad esempio Franti e Panico, che avevano saputo far tesoro delle migliori cose del decennio precedente. D’ordinanza sono ormai le incursioni nel pop, rese in stile Fuzz: dopo aver affrontato nei capitoli precedenti Mina e Claudio Rocchi, stavolta tocca alla Lisa Gastoni di Una Stanza Vuota e al Domenico Modugno della malinconica Sole Sole Sole: piuttosto rispettosa la prima, fin troppo stravolta la seconda, ma comunque entrambi piacevoli. In un album dai contenuti così monolitici, lascia stupiti l’ambigua chiusura di Morire Per La Patria, che accosta l’invito all’azione armata di Uomini Contro (ancora Volonté) alla retorica esaltazione nazionalista: semplice giustapposizione o suggerimento di una possibile deriva? Un finale spiazzante, che in un periodo di verità preconfezionate, non può che essere salutare.
Infine, mi sembra non secondario fare i nomi delle numerose etichette che si sono coalizzate per  produrre il disco. Oltre a quelle già citate, hanno partecipato alla lotta: Blinde Proteus, Bloody Sound Fucktory, Cheap Satanism, Escape From Today, Fromscratch, HYSM?, Il Verso Del Cinghiale, Offset, Tandori, To Lose La Track, Trasponsonic e Villa Inferno. United we stand…