Divus – S/T (Boring Machines, 2017)

Il torto peggiore che si possa fare a Divus è rivelare chi si nasconde dietro al suo nome. Facciamolo: Luciano Lamanna (Lunar Lodge, Balance) e Luca Mai (Zu, Mombu); tuttavia pur figlio di cotanti padri il progetto è stilisticamente difficile da ricondurre a loro e la dichiarata paternità rischia di essere un dato un po’ fuorviante. Lasciate fuori dalla porta dello studio ritmi e sonorità techno e spigoli e asprezze jazz-core i due si concentrano su una musica priva di concept (album omonimo, tracce numerate ordinalmente, copertina asettica e senza alcuna informazione) ma dotata di una ben precisa personalità. Dalla fusione fra elettronica analogica – che stende bordoni e inserisce ritmi e disturbi – e sax – che drona e si manifesta con inserti melodici e speso effettati – nasce un disco sospeso fra il noir e la grey area, a tratti cinematico ma che non arriva mai fissarsi in un immaginario preciso: non è il (retro)futurismo di Blade Runner ma nemmeno il vintage de Il Lungo Addio (per quanto in A1 ci si aspetta da un momento all’altro l’ingesso di una voce bogartiana che riflette fra sé e sé). Moderna musica d’atmosfera scura, sempre piacevole ma che attende l’occasione per dare il meglio di sé: in macchina a notte tarda, per le strade deserte ed umide della città, potrebbe essere il suo momento magico (per quanto infilare un vinile nell’autoradio possa rivelarsi impresa improba). Make your own movie.