Dialvogue (Andrea Bolzoni/Daniele Frati) – Outfit (Bunch, 2014)

Il collaudato sodalizio fra Andrea Bolzoni e Daniele Frati a nome Dialvogue, passato da Setola Di Maiale a Bunch Records, si presenta con un nuovo lavoro a due anni dal precedente Improvising Dialogues. Cambia poco nell’assetto, sempre chitarra e batteria, con l’elettronica stavolta maneggiata dal solo Frati, cambia però l’approccio, più minimale e meditato, pur rimanendo nell’ambito dell’improvvisazione.

Col tempo l’affiatamento fra i due si è ulteriormente affinato e gli strumenti dialogano quasi sfiorandosi, disegnando figure complesse e stilizzate dove il silenzio non ha più spazio, leggere eppure solide come certe architetture. Se per il precedente lavoro ipotizzavamo un punto di partenza situato nei territorio di del rock matematico – e già allora ce ne si allontanava – qui siamo a distanze siderali, con un suono dinamico e complesso che fornisce pochi punti di riferimento all’ascoltatore, specie se d’estrazione rock. Outfit si ricolloca su coordinate più discrete rispetto al predecessore, lavorando di sottrazione a più livelli: meno rock rumoroso ma al contempo meno silenzi, sfruttando ogni momento e dando vita a una musica in continua mutazione. Spiccano così i contrasti fra droni di fondo, free rock e momenti di stasi di Full Metal Underwear, l’accostamento di rumore e melodia venata di malinconia di Rainy Hat e le cupezze quasi industriali di Funny Zip. Ma nessun brano è riassumibile in un’unica forma e ciascuno, e ancor più l’album nella sua interezza, appare come la messa in scena di un processo di mutazione in atto. Outfit è uno di quei dischi che non ha un pubblico di riferimento, nemmeno quello puramente free, a ben vedere, ma che, proprio per questo, può fornire più di un appiglio all’ascoltatore curioso.