Davide Cedolin – Contemplations and other Instrumentals from the Valley (CD Ramble, 2022)

Diciamocela tutta, basterebbe il titolo.

Socchiudi gli occhi, un refolo di vento ed è tutto lì. Ma in realtà c’è molto di più anche in questa raccolta di Davide Cedolin, nel mio immaginario ormai diventato un hobo dei colli liguri, chitarra e speroni su terra aspra. Qui non si smentisce, riuscendo a catalizzare l’attenzione in una raccolta spuria e frammentaria, quasi come il terriccio dal quale estrarre quale misera pagliuzza d’oro. Davide parte con quelle che chiama contemplazioni chitarristiche improvvisate, che poi rifinisce aggiungendo una povera strumentazione, composta da un’acustica, armonica, organo e bowed banjo (che sembrerebbe essere un banjo ad arco). Oltre alle sue due mani può disporre di un’elettrica, fornita da Paolo Tortora (già suo sodale nei Japanese Gum) su tre brani.

Ma non pensiamo a tutto questo, limitiamo a socchiudere gli occhi ed a librarci in volo, planando su brevi viaggi oppure soffermandoci su microcosmi, talvolta crogiolandoci su suoli rivoltati. La musica di Davide riesce ad allinearsi con gli elementi, essendo saldamente villana. Brace, specchi lacustri, spighe, insetti. Nulla è levigato, l’alcool è verosimilmente casalingo e le norme produttive e di sicurezza sono quelle che sono. Con Embracing the Unknown parlavo espressamente di west, qui siamo però oltre, drammaticamente. La vallata sembra sia stata rasa al suolo. Saranno state le locuste, gli Indiani, i Rangers…non sta a noi capirlo, quel che è certo è che Davide è riuscito in qualche modo a racimolare il minimo della sua attrezzatura, fare qualche metro in altezza ed appoggiarsi vicino ad una fonte, ritornando prepotentemente alla natura. Ci sono gli insetti, le ruote di un piccolo mulino, la consapevolezza che tutto questo non avrà vita lunga. Ma forse è proprio questa consapevolezza a spingere il bisogno di fissare su nastro tutto ciò: tracce che servano sia da monito che da lenitivo, rendendo attenti i prossimi compagni di ventura a quel che potrebbe accadere, saggi rispetto a poche semplici regole. Rispettare il vento, succhiare il midollo dalle ossa, non scherzare col fuoco, non toccare la mia chitarra.

Sto scherzando, c’è tempo anche per un brano dichiaratamente sorridente, come Sunshine Loner Smile prima di avviarci verso un tramonto che più classico non si può. Gli accordi si dilatano, scalpiccii e tramestii, sabbie e petali.

The need of story telling is sometimes wordless.

È già mattino. Chitarra in circolo, note piccole e semplici, bastone a riattizzare le braci, il proprio soffio a scaldare le mani. È dicembre, non è Cormac Mc Carthy, è solo un altro giorno.