Dashboard Confessional – Dusk And Summer (Vagrant, 2006)

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Dopo lo sconfortante Sound The Alarm dei Saves The Day, anche Chris Carabba (già nei Further Seems Forever) getta alle ortiche quel poco di buono che ci aveva offerto con album come l'acustico The Places You Have Come To Fear The Most e il più rock A Mark, A Mission, A Brand, A Scar, per molti una versione ancora più facilona e accessibile degli ultimi Death Cab For Cutie. Il valore aggiunto di una band come Dashboard Confessional è sempre stato minimo: snobbati, se non proprio presi per il culo, da molti autorevoli colleghi (penso a Conor Oberst), testi a presa diretta a volte troppo superficiali (se confrontati con quelli di Bright Eyes, ad esempio) contenenti tutti, ma proprio tutti, i più abusati luoghi comuni di una relazione amorosa. Certo, la strada intrapresa con la sigla Dashboard Confessional (all'inizio un semplice side project) ha portato parecchi successi: colonne sonore di film importanti, un disco unplugged e singoli in heavy rotation su Mtv. La tipica musica mordi e fuggi giusta per un ragazzo americano con il bicchierone di carta sul cruscotto, un cheeseburger tra i denti e le patatine fritte tra le gambe, concentrato ad osservare la finestra ancora accesa della cameretta della sua amata. Un ragazzo che se ne frega dell'Irak e della sua collocazione geografica, salvo poi trovarsi lì semplicemente per pagare le rate universitarie. Preso così, un disco di Carabba sapeva offrire un'ottima voce (questo è innegabile) e qualche canzone da fuocherello sulla spiaggia veramente niente male (Screming Infidelities, Carry This Picture, Morning Calls, This Bitter Pill). Et voilà, i trent'anni che ti senti addosso cominciano a pesarti un pò meno. Insomma, D.S. è sempre stato un buon succedaneo, un'ottima ruota di scorta, se non si aveva la forza o la pazienza di ascoltare ancora una volta capolavori di disperazione di qualche altro collega sempre e comunque più dotato. In questo ambiente la concorrenza è spietata e ad imbracciare una chitarra acustica (invece di un fucile) sono capaci quasi tutti. Con Dusk And Summer Chris ha capito come gli poteva girare e così ora vuole fare il salto definitivo abbandonando quel minimo di retaggio emo che ancora gli restava (se ancora di emo è consentito parlare, almeno in Vagrant). Non possiamo quindi che prenderne atto. Da adesso in poi, salvo eccezionali ripensamenti, i D.C. si sono buttati in un altro calderone, mescolandosi (completamente) a tutto ciò che non ci piace. L'iniziale Don't Wait è forse la canzone più emblematica di questa svolta (neanche tanto repentina a ben ascoltare). E brani come Stolen, Reason To Believe, Currents fanno proprio cadere le braccia, mentre tutto il resto è noia. A cominciare dagli arrangiamenti e da una voce, stavolta, troppo affettata. Adam Duritz, cantante ingrassato di quell'eterna speranza che furono i Counting Crows, partecipa nel brano So Long So Long. Speriamo Chris non faccia la sua stessa fine.