Concrete – Gvttae Sangvinis (Donna Bavosa/Sanguedischi/Shove, 2009)

Preparatevi perchè più che una recensione si tratterà di un epitaffio, di quelli stile Kina (beh un po’ più brutti, visto che i valdaostani erano più emo di tutte le generazioni a seguire messe una sopra all’altra). Mi pare che i Concrete si siano sciolti e già il fatto che scriva “mi pare” la dice lunga su tutto, il fatto è che i Concrete tutto sommato hanno incarnato tutto quello che di buono si può avere dall’hardcore e non parlo tanto della musica, ma del fattore attitudinale che per quanto mi riguarda è l’unica cosa che ha dato e dà un minimo di senso al punk. Per come la penso io i Concrete oltre ad essere delle gran brave persone sono stati uno dei gruppi più male/bene assortiti che abbia mia visto in vita mia, a volte così diversi da essere quasi complementari. Ok, potremmo dire che anche in questo potevano ricordare dei Rorschach “de noantri”, ma non si fermavano a questo, erano e sono romani nel senso nobile del termine: come le borgate, “Mamma Roma” e gli stornelli… e che ci crediate o no, io nei Concrete c’ho sempre trovato sempre tutte e tre le cose.
Negli anni li ho visti suonare di fronte a metallari nord-europei, punkabbestia, straight edge, malcapitati di diversa estrazione, in posti affollati di gente che si massacrava ed in stanze semivuote dove oltre a quattro o cinque spettatori (spesso il gruppo d’apertura) c’erano solo due cani e la puzza di piscio intrisa sulle pareti… ed anche qui, i Concerte di cui serbo (e credo anche loro) il migliore ricordo sono proprio questi ultimi. Credo che meriterebbero diverse menzioni al merito per mille ragioni e qui ne voglio elencare solo due: il giorno dopo un Two Days Of Struggle (un gran festival hardcore che organizzava la Green records a Padova), armati di scope e gomma dell’acqua sono stati fra i pochi a fermarsi a pulire il merdaio che resta dopo un concerto e che ripropone il motto Wretchediano “prima di andare ognuno per sè e cosa resta, cosa rimane? Lattine vuote e niente di più”. L’altro aneddoto è a dir poco grandioso: una domenica pomeriggio d’estate dei “ragazzetti” cresciuti ad “ardecore” non sanno che fare e partecipano ad un concorso per gruppi emergenti, beh, i nostri ragazzetti vincono la selezione (e qui mi domando non tanto chi abbia partecipato, ma chi cazzo era la giuria?!?!) e vengono scelti per andare alla finale del Filaforum (o roba del genere) a Milano. Il tutto sarebbe già abbastanza epico se non fosse che i Concrete accompagnati per l’occasione dal Cipolla (dei mai sufficientemente ricordati Evidence) alla voce al posto di Tommy, si presentano con scritto a pennarello SPQR dappertutto ed inneggiando al “sono de Roma” alla “rota de fero” ed al “metallo della morte” in pieno stile da sfottò calcistico, finendo di suonare mentre una folla composta di studenti milanesi (si trattava di una mega festa delle scuole di Milano) li bersaglia con una pioggia di Twix (che se non sbaglio era lo sponsor della manifestazione). Oltre a vantare molte storie del genere, i Concrete erano comunque un grandissimo gruppo, che fondeva egregiamente un mix di Neurosis (all’epoca non ancora beatificati per quanto già di culto), Rorschach, Integrity (era l’interregno di Those Who Fear Tomorrow), Born Against e rock psichedelico qua e là cosparso di riff e delle citazioni più disparate dai Death a Beethoveen (…me lo ricordo ancora, grande Cristià!). Nonostante le registrazioni rozze e spesso scadenti credo che insieme agli Acme abbiano rappresentato quanto di meglio poteva offrire il circuito hardcore-metallizzato (e non ancora metal) europeo, tanto che penso che entrambi fossero parecchio avanti rispetto a molte cose che uscivano e usciranno anche sotto Bush. Dal vivo, sia che l’impianto la batteria o gli ampli fossero scadenti o potenti, hanno sempre avuto una resa media mostruosa, un gruppo che potremmo dire abbia coniugato così brillantemente gli aggettivi “mefitico” e “depressivo” fino ad incarnarli. Temevo che questa specie di raccolta in cui le chitarre e la voce si sentono finalmente a dovere mi facesse quell’effetto similpelle che invece mi fanno i gruppi old-school con i suoni stile Sepultura che escono adesso, invece nonostante io rimanga molto più legato a quei vinili marci e a dir poco lo-fi, riascoltare Bleedingrim, Money In The Bank, Pino, eccetera mi ha impressionato e mi ha fatto risalire tutto “il male de Roma” e pure il “male de vivere”; sarà ciclico, che cce voi fà… insomma, a volte ritornano. Rimanendo sempre in ambito romano commenterei con un bel: “i peggiori anni della nostra vita”, tutto il resto è già storia.