Compoundead – Cutting Your Certainty (Sincope, 2012)

compoundead

Texture di grigi su nero sgranate, attraversate da linee e graffi, sporcate da macchie circolari. Cutting Your Certainty potremmo recensirlo semplicemente guardando la grafica, tanta è la corrispondenza fra contenitore e contenuto. Compoundead, duo di casa presso l’etichetta, arriva alla decima uscita, fra pubblicazioni in proprio e split, e continua imperterrito la sua marcia attraverso il rumore, probabilmente ben conscio di quanto il perseverare, soprattutto in questi casi, sia diabolico.
Della parte visiva già abbiamo detto, passiamo al suono: sono 25 minuti di ambient noise che trasuda nichilismo, o ancora meglio, assenza di umanità. Le frequenze basse e granulose scorrono senza  dare riferimenti, informi, senza preoccuparsi di descrivere o ambientare alcunché: intorno è solo nebbia, densa e sporca, attraverso cui ci giungono echi di ciò che ci circonda, ma che non possiamo vedere né capire a che distanza si trovino. Fuor di metafora, nel flusso di rumore analogico che attraversa tutto l’album, emergono di tanto in tanto residui di musica industriale consumata dal tempo e frammenti harsh noise, che nell’insieme vanno a comporre una lenta marcia funebre dai toni soffusi, come un malessere strisciante ma non per questo meno presente. Solo nella conclusiva Aftermath il rumore prevalere dando al brano forme post industrial, come se tutte le scorie accumulate nel corso del disco si fossero ammassate alla fine. E vista l’aria pesante che finora si era respirata, anche del massimalismo noise ci appare, tutto sommato, liberatorio.