Comaneci – 05/02/10 Morya (Cellatica – BS)

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Finalmente i Comaneci. Dopo un album che nel mio personalissimo tabellino è nettamente superiore al precedete, ero ansioso di verificare se l'evoluzione si evidenziasse anche da vivo e il locale di Cellatica, pur attuando quest'anno una programmazione piuttosto rarefatta, non si è lasciato sfuggire l'occasione di avere il gruppo ravennate sul proprio palco. Il gruppo, già lo sapete, si è ora ridotto a duo, rispetto al terzetto con tanto di violoncello che era una volta. Ma se su disco erano aiutati da una squadra di ospiti prestigiosi, qui hanno da fare tutto da soli: Francesca Amati a voce e chitarra acustica e Glauco Salvo all'elettrica e al banjo. Mentre la sala va lentamente riempiendosi, loro cominciano e subito appare chiaro come, in un contesto così minimale, sarà il gioco dei contrasti a caratterizzare la serata: melodia opposta rumore, atmosfere rilassate contro cadenze ossessive. Le orecchie ferite dai picchi chitarristici di Not, ben superiori in dinamica a quelli che sentiamo su disco, sono curate dal pop delicato di She, alla melodia prewar di Satisfied Girl, dedicata a tutte le ragazze presenti, si oppone una On My Path particolarmente inquietante e sciamanica, che al momento del ritornello spinge quasi a tapparsi le orecchie per l'impennarsi appaiato di voce e chitarra elettrica. Le ombre proiettate sul fondo comaneci---------------------morya---------------rossorosso, aste di microfono che assumono le sembianze di alberi spettrali, aggiungono suggestione a una serata in cui, idealmente, la Pianura che degrada verso l'Adriatico si fonde con il basso corso del Mississippi in un blues antico eppure attaulissimo. Intanto, mentre la sala si è riempita del solito, educatissimo pubblico (e girando mi rendo conto come sia una dote sempre più rara), è il momento di qualche ripescaggio dal passato, perché come dice Francesca "anche in due siamo sempre i Comaneci"; ma ormai sono le nuove vesti quelli che si adatta meglio ai due. Così, quando finito il set, cercano di andarsene sono costretti a desistere a suon di applausi e ci regalano una cover, che ammetto umilmente di non aver riconosciuto e piccolo, gustosissimo fuoriprogramma, una versione di The girl you want suonata al piano forte in fondo alla sala, con accompagnamento di banjo e tutto il pubblico intorno. Una scena del genere basta, da sola, a rappresentare l'atmosfera dell'intera serata: complice, intima, ma di largo respiro.