Claudio Lugo/Esther Lamneck – GenoaSoundCard (Amirani, 2007)

lugoester

Buffo, ma parlando del bel disco degli EAQuartett avevo fatto menzione delle note interne redatte da Claudio Lugo e del fatto di come si trattasse di un nome che purtroppo rimaneva più che altro patrimonio degli addetti ai lavori. A distanza di pochissimo tempo eccolo impegnato in un duo con Esther Lamneck con la quale ha realizzato un disco interessante sotto molti punti di vista. Il disco si colloca agevolmente all'interno del catalogo Amirani, nonostante la costante degli strumenti a fiato le uscite dell'etichetta pavese sono abbastanza variegate, e mi sentirei di dire che in generale ci sia una pulsione avant-jazz (o abstract?) che si muove all'interno di quasi tutte le uscite. Detto ciò sarebbe veramente un peccato liquidare un disco del genere come se si trattasse di un semplice duo, infatti in questo caso il contesto ambientale non fa da semplice contorno ma da terzo in comodo tanto che potremmo quasi parlare di un trio. Se nella leggenda di Carver i suggerimenti dell'editore di sfoltire hanno rivestito tale importanza e se ancora in Davis la produzione di Macero non è per nulla secondaria in GenoaSoundCard la città fa da ambiente-intruso-fonico e produttore. Infatti le improvvisazioni del sax soprano di Lugo e del Tàrogatò della Lamneck sono state registrate in diverse location del centro storico di Genova a mò di "field recording" in cui i due oltre a sfruttare le dinamiche sonore dello spazio in cui suonano, interagiscono con la componente aleatoria costituita dal suono delle città sia che esso sia un rumore indistinto, sia che si tratti del vociare dei passanti. Nessuno studio di registrazione quindi, ma riverberi naturali, rifiniture sonore che si perdono fra definizione estrema e lontananza, i piani si sfondano come se si trattasse di un "trompe l'oeil", alta risoluzione e bassa in questo disco si susseguono senza soluzione di continuità fra i chiari oscuri dei vecchi muri. Palazzo Ducale, Area Banchi, Casa Pagani, Santa Maria di Castello ed ovviamente il Porto attraversati (ed attraversanti) come se si trattasse di una vecchia nave fantasma che si arena dentro la Superba. Sarei tentato di dire che le case arroccate una sopra l'altra, la scarsezza di luce di certi vicoli abbia influenzato i due fiati e quindi fra acuti, note che si sovrappongono canti e dissonanze Lugo e la Lamneck sembrano divisi fra la ricerca della luce ed il suono in dissoluzione. Michele Manucci nelle note introduttive di copertina parla giustamente di un viaggio fatto a seguito dei due improvvisatori e quale miglior modo di viaggiare che coglierne i risvolti imprevisti/imprevedibili? Credo che Levi Strauss avrebbe ampiamente annuito durante la lettura delle note di copertina: la sua visione del modus operandi dell'antropologo non è poi così distante. Cò che accade è che un mazzo di chiavi, un motore ed un qualsiasi rumore vengono integrati agevolmente in questo diario sonoro per cui si tratta più che mai di SoundCards a tutto tondo.