Cherry Vanilla – Ziggy’s Papers. David Bowie: Lettere Ai Fan 1973-1975 (Noreply, 2007)

ziggy

Il Duca Bianco non è mai stato uno sprovveduto. Dai primi anni Settanta ha dimostrato come – con la sapiente assistenza di un pirata come Tony De Fries – fosse possibile inventarsi una carriera da rockstar planetaria prima di esserlo. Perché la gente ci crede, se sei abbastanza convincente nelle tue esternazioni pubbliche.
È così che nello spazio di un solo album (The Rise And Fall Of Ziggy Stardust And The Spiders From Mars), da artista folk rock di nicchia diviene una megastar in odore di santità (glam, ovviamente: in Vaticano le zeppe argentate non sono mai state viste di buon occhio). È proprio durante il fall-out successivo a questa esplosione che si colloca la deliziosa collezione di lettere di David Bowie indirizzate ai propri fan (e pubblicate – in forma di rubrica – dal settimanale inglese Mirabelle) raccolte in Ziggy's Papers. Piccoli e ingenui spaccati di vita di David Bowie, candidi resoconti a base di limousine, party con i big del jet-set e concerti in paesi mai visitati. Pensierini in libertà di una stella del rock. Ma… c'è un grosso "ma". E ve lo spiega Bowie stesso, di cosa si tratta. "[…] Li ho proprio scritti io? Beh, ecco la triste verità. Nemmeno una parola". "E allora?" direte voi. Chiariamo subito. Certo, se eravate alla ricerca dei diari segreti di Bowie, allora avete sbagliato indirizzo. Se invece siete in grado di comprendere la dimensione pop e leggermente situazionista del Bowie/Ziggy dei primi Settanta, non faticherete a entrare nel mood di questo libro. Che è anche basata sulla finzione, sul mock-up, sul gioco della provocazione palese (e non solo sessuale). Questo libriccino di Cherry Vanilla è prezioso, quindi, per tutti i fan e le persone che sono in grado di leggerlo contestualizzandolo nello zeitgest del nascente glam rock, con il Duca Bianco in pieno trionfo. Spesso ingenuo, ancor più spesso palesemente contraffatto ed edulcorato (mai riferimenti espliciti a droga, sesso ed eccessi: ma chi ci crede?), è comunque un manufatto curioso, pop nel senso warholiano e – letterariamente parlando – leggero, di facile fruizione. Ha il rock? Sì, a modo suo ce l'ha. Non è certo Lexicon Devil, ma chi ha mai preteso che dovesse esserlo?
Richiedetelo a Noreply.