Burial – Untrue (Hyperdub, 2007)

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Riverberi, voci ovattate, ritmi sincopati, linee di basso, Untrue è un disco in cui ogni cosa sembra costruita con "ciò che resta di" o con "l'ombra di", tanto che viene davvero difficile pensare che la definizione utilizzata da Wikipedia per descrivere il dubstep, "Dubstep is a genre of electronic dance music", possa essergli applicata. E' quel "dance music" che non sai come prenderlo, perché qui c'è veramente solo ciò che resta della dance, un'ombra di quello che è stato. C'è lo scheletro, il ritmo, pulsazioni che erano jungle e 2 step, trasfigurate da bagni di ketamina.

Ci sono le voci, la novità più sostanziale rispetto al disco precedente a dirla tutta, tagliate e rimontate in suggestivi cut up, che si insinuano eteree, accavallandosi come interferenze da spazi non ben definiti. Ci sono sventagliate di synth a disegnare (ombre di) melodie struggenti come in certa house. C'è il basso, a volte così profondo da farsi drone, vibrazione primordiale, amniotica. E c'è, infine, un'ambientazione metropolitana cupa e senza speranza come forse solo il Tricky di Pre-Millennium Tension è stato capace di disegnare, unico parallelo che sento possa in qualche modo centrare la poetica sonora in cui si muove Burial, insieme a un qualcosa dei primi Massive Attack, quelli più soul di Safe From Harm, per intenderci.  

Untrue, ha insomma i crismi del disco importate, forse uno dei pochi del 2007, e nonostante sotto certi aspetti sia meno riuscito del suo predecessore, riesce a raggiungere piani emotivi ancora più desolanti in virtù di quelle voci che sembrano essere l'ultima traccia di presenza umana in un mondo in cui tutto è nero, pece, nebbia, catrame, graffiti su muri grigi, pioggia e periferie abbandonate.