Bug Jargal – S/T (Aut, 2014)

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Recuperare dischi dal passato e ristamparli dopo quasi vent’anni è sempre un’operazione un po’ pericolosa, perché si rischia di trovarsi in mano del materiale troppo vecchio. Ma ormai cos’è “vecchio” quando si parla di discografia? Nel giro di una sola settimana un lavoro diventa vecchio come quello uscito 10 anni prima. Oppure diventa nuovo e attuale perchè l’hype vuole farlo tornare di moda… cicli su cicli, corsi e ricorsi storici.

 

Non solo, perché tra ristampe, cofanetti e nuove stampe come se piovessero, abbiamo un disastro di materiale da tuffarcisi dentro a piedi uniti. E l’operazione della lungimirante AUT Records, di casa ormai berlinese, recupera e dà vita Bug Jargal, un trio di ottimi musicisti: Luciano Caruso al sax soprano e alle tastiere (già presente nel duo Tripterygion pubblicato sempre da AUT); Giorgio Pacoring, al Fender Rhodes e ai nastri, e Nello Da Point alla batteria. Un trio spumeggiante, vivo, in continuo movimento, che richiama (soprattutto per le trame e pedali costruite sul Fender) un Miles Davis elettrico, ma con un sound inglese, in particolare nella seconda traccia del disco. Pensate ad un Evan Parker al sax soprano che sostituisce Miles Davis alla tromba nel periodo elettrico. Pensate ad una batteria più presente, più ricca di piatti, e meno in loop, e qualcosa dello storico trio dovrebbe materializzarsi nelle vostre orecchie. Ma questo è solo l’inizio perché, dopo i primi due brani, tutto si trasforma e poi ritorna in Hegel In Haiti, in un dirompente crescendo blues-jazz che ha la dinamica e il funky nascosto delle cavalcate di Bitches Brew,fino a passare a intrecci percussivi dal sapore esotico ed etnico con lo spirito del Don Cherry della metà degli anni ’70 che aleggia nella splendida Turtles all the way down. Di certo non si tratta di copiature, ma di ispirazioni, che arricchiscono un lavoro vario e colorato, ma che mantiene ben stretta una sua solidità compositiva e di arrangiamenti. Come sempre un’ottima scelta, quella della Aut Records di andare a ri-pescare questo piccolo gioiello che conferma ancora una volta che anche noi italiani abbiamo un trascorso (e un presente) jazz che non è assolutamente da dimenticare.