Balmorhea – Rivers Arms (Western Vinyl, 2008)

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Quando la Western Vinyl mi ha contattato per recensire i Balmorhea ero un po' titubante, ho visto che in catalogo avevano dei gruppi interessanti anche se forse non è proprio il pane quotidiano. Devo essere sincero, nonostante il fatto che avessero in catalogo anche Bexar Bexar, che mi era piaciuto parecchio, mi ha fatto temere che si trattasse dell'ennesima mattonata indie di quelle che "faccio pop ma non troppo perché sennò poi nel giro dicono che voglio diventare famoso… e che sì, lo voglio diventare ma meglio nasconderlo bene". Invece alzo le mani: "touchè", ho sbagliato tutto: non che il disco non sia indie melodico (e per altro così melodico che i Califone sembrino gli Slayer di Hunting The Chapel), il fatto è che è davvero bello e da come suona mi verrebbe da azzardare che sia anche musica parecchio genuina. I Balmorhea scrivono canzoni tipicamente americane, sia che il tratto portante del pezzo sia retto dalla chitarra acustica, sia che la prima voce sia affidata al piano come in molti degli episodi, poi pur rimanendo molto sobri negli arrangiamenti mettono giù tutto con un gusto notevole (come per altro è notevole la qualità della registrazione). Gli orfani dei Kinsella che vagavano cercando i genitori o i facenti veci possono finalmente trovare una nuova sistemazione, ma se sarebbe leggermente riduttivo e fuorviante metterli in parallelo con il primo Owen (anche se non sono così lontani) almeno quanto metterli in parallelo con i Rachel's più morbidi e meno cameristici (Selenography?), resta che i Balmorhea si potrebbero trovare da qualche parte sulla strada che unisce entrambi. Le voci ci sono anche, ma si tratta di un disco in prevalenza strumentale, che tra l'altro è anche una delle sue caratteristiche più interessanti. Vista la facilità con cui questo gruppo ha imbastito la traccia di apertura San Salomon sarebbe stato un attimo inserire dei veri e propri cantati e farne un disco pop piacevole, ma forse meno stimolante, invece aggiungono gli arrangiamenti come se stessero lavorando ad una colonna sonora e mantenendo una radice molto americana nell'idea di base (non fanno un lavoro troppo diverso da quello che Eddie Vedder ha fatto per la bella colonna sonora del discutibilissimo Into The Wild). Probabilmente non parliamo di un disco che sorprenderà qualcuno per freschezza o per originalità, ma a livello di gusto e stile tanto di cappello per aver scritto delle canzoni vere e proprie senza ricadere nella noia di molti strumentalismi post-rock. A quanto pare in estate dovrebbero effettuare delle date se non un intero tour con i genovesi Port-Royal, nonostante si tratti di materiale pericoloso per un diabetico direi che l'abbinamento sia ottimo (anche in virtù del fatto che a differenza dei Royali i Balmorhea non recano la benché minima traccia di elettronica). Di semplicità virtù, emotivi o no, un bel disco melodico.