Bachi Da Pietra – Tarlo Terzo (Wallace, 2008)

Nuovo Bachi Da Pietra, di cui immagino sentirete abbondantemente parlare visto che oltre a godere di una buona attenzione da parte della stampa contano su un folto numero di ammiratori, che in questi tempi non è mica una cosa da sottovalutare. Anche nuova produzione, visto che qualche tempo fa avevo anche conosciuto il fonico che l’ha prodotto (che per la cronaca è quello che segue dal vivo i Pooh e già solo per qusto si è guadagnato la mia stima sempiterna per essere a contatto con quello che ha generato Dj Francesco), ma nonostante il cambio della regia si tratta ancora di un buon disco e di una produzione che a dispetto del primo disco ed in linea con il secondo mette in luce le "delicatessen" del duo.
Dorella, come nel secondo disco, viene stemperato rispetto a come lo vedreste dal vivo e su disco è un bene (tanto come dal vivo è un bene che quando ci sia da andare decisi non si faccia certo problemi), ma a differenza del lavoro precedente che ricordo più vellutato, questo suona più roccioso quel tanto che basta per differenziarsi. Lo stile è quello loro, qualcuno ha sentenziato: "i Madrigali Magri ridotti ai minimi termini", cosa che ritengo vera solo parzialmente, l’atmosfera è sempre la stessa fra il malato ed il "Disneyland del dopo bomba", quasi dark o post-dark (cazzo!! Un po’ come i gruppi di San Diego pre Locust avevano riscoperto Joy Division e PIL… roba che i Get Hustle e Pleasure Forever ci si sarebbero fatti le pere commossi). Il disco contiene anche alcune hits da Bela Lugosi come I Suoi Brillanti Anni 80, Dal Nulla Nel Nulla o Andata, roba che mancano solo le tastiere per tornare agli Ottanta e che Steve Severin avrebbe potuto fare domanda in carta bollata per farli diventare un trio, ma tranquilli! Non sono diventati un gruppo new wave o almeno non solamente, blues da buio pesto Nick Cave e depressao meravigliao che fanno un po’ da impronta digitale. Per di più chi di voi è spaventato può sentirsi sollevato dato che verso la metà tornano alcuni di quei pezzi blues ossessivi che erano e sono tipici della loro vecchia produzione e delle parti più tranquille dei loro live. Detto questo, la cosa più strana l’ho lasciata per il finale, infatti mentre ascoltavo il disco mi domandavo che cosa mi ricordassero alcuni cantati di Succi e finalmente con un brainstorming fra me ed il mio amico immaginario (da non confondersi con Federica la mano amica) ho capito. In pochissimi episodi del disco sembra che Succi canti come un Giovannardi (dei La Crus) meno tronfio e meno enfatico ma pur sempre molto calato nella parte, il fatto è che per quanto involontario comunque un punto di contatto c’è dato che il La Crus prima cantava nei Carnival Of Fools che in Cave e soci ci si tuffavano di testa. Fatico ancora a capire se questo disco sia leggermente sotto o allo stesso livello del lavoro precedente (che fino ad ora era stato il mio preferito), ma senza benché minima ombra di dubbio è un bel disco: chi vivrà vedrà, chi non vivrà vedrà da sotto.