Bachi Da Pietra – Quarzo (Santeria/Wallace, 2010)

Quarto album in studio per i Bachi Da Pietra, a pochi mesi di distanza dal live che suggellava il vecchio corso del gruppo. Sì, perché in questo lavoro tira un'aria di novità che fin da subito ha spiazzato i fan più conservatori (meno coloro che, negli ultimi anni, hanno avuto modo di vedere il baco in carne e… voce): per la prima volta l'insetto è catturato a metà della mutazione, col bozzolo solo parzialmente lacerato, senza che sia chiaro che forma ne uscirà. Nasce così un disco di luci e ombre, fra antiche certezze e innovazioni che le distanziano, ma ancora in cerca della piena compiutezza. Uscito in collaborazione fra Wallace e Santeria (che ha curato anche la ristampa dei primi due episodi della saga) e splendidamente registrato, com'è ormai abitudine, presso il S.a.m. studio di Lari, Quarzo indaga altre strade rispetto al blues sui generis consueto e per certi versi dà corpo all'invito a prostituirsi che, in tempi non sospetti, era contenuto in Tornare Nella Terra. Quindi il baco, apparentemente, rende meno oscure alcune parole e "rockizza" i suoni (Pietra Della Gogna), tenta il cantato senza che la voce arrivi mai davvero a librarsi (Bignami, Orologeria), rimugina con nuove parole ("trascrivere bene il pezzo non chiaro" recita Fine Pena) i concetti intorno a cui ruota la sua poetica: il corpo, la morte, la ciclicità del tempo. La speranza di incrociare nuovi ascoltatori e la necessità di presentarsi sembrano informare le autorappresentative Pietra Per Pane e Morse, l'esistenzialista Non è Vero Quel Che Dicono e l'esangue Muta, mentre la sensuale Niente Come La Pelle, uno dei brani migliori mai scritti, in questo contesto assume quasi un senso di conservazione. Si badi, quando parliamo di maggior accessibilità va sempre intesa in un'ottica "bachica", non aspettatevi i Baustelle ma una musica pop distorta dagli occhi di un insetto. In questo senso i risultati migliori li abbiamo con Dragamine, Notte Delle Blatte (già sentita in versione diversa nel live) e la conclusiva Fine Pena, perfetto equilibrio fra spirito antico e suono nuovo, a dimostrazione di come il baco sia capace di fagocitare col suo stile generi finora estranei; e che, pur flirtando col rock o con certo noise, l'impronta del gruppo resti comunque evidente, è il dato più significativo di un disco imperfetto e vitale, come ogni essere su questa terra.