Bachi Da Pietra – Festivalbug (Corpoc, 2013)

Non sono passate dodici lune dall’uscita di Quintale che già il baco torna a farsi sentire: il suo lavoro è oscuro e incessante e quando finalmente vede la luce il risultato è sempre meritevole di attenzione. Pur disperando di venire a capo di tutte le implicazioni che ogni lavoro del duo Succi/Dorella porta con sé, proviamo ad avventurarci nell’intrico di gallerie per vedere cosa possiamo portar fuori.
Festivalbug, vinile one side serigrafato sul verso, accoglie sul recto tre brani, due provenienti dalle session del succitato album, esclusi immagino per una certa differenza stilistica e uno, Baratto Resoconto Esatto, più recente, che media fra lo spirito intimista e quello più rock’n’roll: nulla è mai troppo lineare nel cosmo dei Bachi Da Pietra. Tito Balestra, triste cartolina dell’Italia (temo sia una storia vera) e la sensuale Madalena (ode a una figura archetipica più che canto bucolico), rimandano certamente gli esordi del gruppo, col loro blues dolente e scarno e la voce quasi sussurrata, ma ne sono in realtà una coerente evoluzione che ci dice come la metamorfosi del baco segua logiche che agli umani il più delle volte sfuggono. Il suono è corposo e pieno come non mai e gli inserti di piano, basso (Giulio Ragno Favero) ed elettronica (Rico Gamondi) punteggiano il discorso senza appesantire le trame; Tito Balestra applica alle sonorità conosciute la struttura strofa/ritornello sperimentata in Quintale, mentre Madalena è un jazz-soul in salsa d’insetto che si colloca fra brani migliori mai incisi dal duo. Si guarda avanti dunque, sebbene il passato sia sempre presente in questo disco breve ma affollato di nomi di luoghi e persone. La Lina di cui si parla in Madalena dove l’avevamo già incontrata? Era in Tarlo Terzo… E tutti questi luoghi? Antibes, Torino, Calamandrana i colli dei vitigni della Barbera e le città nominate in Baratto Resoconto Esatto… Era dai tempi de I Suoi Brillanti Anni Ottanta, se proprio non vogliamo tornare ai Madrigali Magri, che non trovavamo tanta precisione geografica nei testi di Succi. Nel comunicato stampa si insiste sull’idea di “bug” come errore, canzoni “sbagliate” rispetto alle sorelle finite su Quintale; ma non c’è nulla di sbagliato in questi brani, perché nulla di più normale, per insetti coscienti delle proprie mutazioni, è agire su più piani d’esistenza, essere qui e altrove, prima e dopo. Festivalbug, in pochi pezzi densissimi, ci dice che i Bachi Da Pietra sono vivi. E di molte vite contemporaneamente.