Ascanio Borga – Xenomorphic (Afe, 2009)

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È proprio quando do le cose per scontate che mi capita di venire smentito, ma ho finalmente capito che sono gli alieni che mi mandano messaggi come a Perry Farrel, se la qual cosa accade in occasione di un disco, beh, c’è sia da stupirsene che da esserne felici, forse non sono ancora inchiodato ai mie preconcetti (o almeno non del tutto). Ennesima riprova di quanto detto è il nuovo lavoro di Ascanio Borga su Afe, avevo delle buone aspettative dato che i primi due dischi erano molto ben fatti, ma direi che seguendo una progressione dal primo lavoro all’ultimo questo rappresenti un gran salto di qualità. Borga era partito facendo dark-ambient ed in un certo senso è rimasto coerente all'idea, ma l'estetica è cambiata parecchio, innanzitutto direi che ha finito per introdurre gradualmente sempre più suoni di chitarra riconoscibili e in questo caso ha assemblato un disco di fronte a cui ci si può togliere il cappello senza indugi. In un certo senso il musicista romano per cercare la propria identità si è guardato alle spalle e non di fianco, quindi niente drone-ambient di quart'ordine alla Sunn o))) o black metal dei poveri e cazzate del genere, a tratti ci si ritrovano scorie di Robert Rich, ambient e isolazionismo del periodo d'oro di etichette e di circuiti che partorivano Muslimegauze, Extreme, Amplexus, Fripp, Measure for Measure, Hic Sunt Leones, Alio Die, Amon, Murizio Bianchi e giù di lì. Verrebbe naturale pensare che questo quindi sia un disco "vecchio" ed invece no, ha semplicemente un gusto retrò, quello di sicuro, ma è un disco parecchio maturo tanto che basterebbero le prime due tracce per giustificarne l’acquisto. Percussioni tenute sul fondo, droni morbidi e micro melodie, tappeti cupi e ambientazioni semplicemente intime ma non necessariamente cupe. Un album molto ben prodotto e ricco di suoni che vanno dalle chitarre trattate ai bassi, ai sintetizzatori, carillon, campioni, oggetti e tutto nei termini in cui sia necessario per il disco. Un lavoro che per quel che mi riguarda ha tutto quello che si può ancora trovare di bello in un disco ambientale/ambientoso nonostante si tratti di un circuito tanto per cambiare saturo di mateirale (di cui molto scadente). Proprio di recente mi era capitato di sentire un gran bel lavoro di Markus Reuter insieme a Robert Rich e di pensare che per quanto certi suoni o certe melodie (o più che altro certi percorsi) siano stati molto battuti, la differenza di livello c'è e si sente ancora e anche nel caso di Borga direi che ci sia poco da commentare in merito visto la fattura del disco salta subito all’orecchio. Drone ambient a tratti cupa, a tratti depressa ma sempre profonda come la gola di Linda Lovelace "…una vita per il cinema".