Arrington De Dyoniso + Sabot – 20/03/10 C.S. Bruno (Trento)

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Bella scoperta il Bruno, centro sociale anormalmente pulito e dagli orari di inizio e fine concerti insolitamente umani, sito in quel di Trento, a due passi dalla stazione. Età media bassa, bar affollato con i Queen di sottofondo (è la seconda volta a fila che mi tocca citare il gruppo di Mercury in una recensione. Dove sta andando il mondo?) e sala concerti ampia e non affollatissima. Ci siamo spinti fin qui (è presente anche il Ferri, perfettamente a suo agio nel teutonico ordine della città) per il concerto dell'Old Time Relijun Arrington De Dionyso in versione solo-solista, si supponeva spalleggiato dagli slovacco-americani Sabot. In realtà è proprio l'olympionico (nel senso di originario di Olympia) Arrington a presentarsi per primo e ad invitare, in ottimo italiano, il pubblico ad avvicinarsi e prestare attenzione, esortando chi avesse voluto continuare a parlare a spostarsi verso il bar; l'appello cade nel vuoto e durante il concerto tornerà sull'argomento, senza grandi risultati. Comunque sia, siede sotto la pioggia di lampadine rosse parte con un rauco mantra vocale, accompagnato da un tenue drone e dalla vibrazione di un rullante con la cordiera allentata; reminescenze orientali, forse tibetane e una circolarità quasi subliminale che coinvolge i presenti, almeno quelli venuti per la musica. Riacquistata la posizione eretta è la volta di un'improvvisazione al clarone che inizialmente, con effetto abbastanza arringotn_dd_02straniante, ricalca gli stessi toni della voce, per poi evolvere in un assolo più canonicamente free. Nel numero successivo Arrington gioca con la campana dello strumento e un megafono, sbizzarrendosi ad urlare nell'una e nell'altro, soffiando con la campana nel microfono del megafono, cantando in una lingua oscura che, ammesso sia un idioma esistente, è probabilmente indonesiano, recente passione del nostro. Si tratta di un'esibizione che combina in parti uguali qualità musicale (in certi momenti evoca il Demetrio Stratos più ipnotico) e gusto per la stranezza, come nel caso del clarone avvolto nella carta stagnola e suonato; nulla di che in realtà, solo qualche sfrigolio che si ritaglia spazio fra una svisata e l'altra. Gran finale, summa di tutto ciò che è stato proposto finora, con un pezzo ritmato e dal sapore orchestrale suonato con… un elastico. Tendendolo davanti alla bocca usata come cassa di risonanza (alla maniera dello scacciapensieri, che avrà il suo spazio alla fine della performance) estrae dei suoni che se non l'avessi visto, mai sarei riuscito a capire da dove provenissero. Finisce così, con mezz'ora di musica che pare il lato meno animalesco degli Old Time Relijun, una brevità forse dovuta anche al brusio piuttosto fastidioso della sala; ci penseranno i Sabot a fare sabotgiustizia dei disturbatori. Il duo bass'n'drum, non propriamente di ragazzini, sfodera una performance dritta e senza fronzoli: se prima la testa era servita per seguire con attenzione un concerto decisamente cerebrale, ora ha la sola utilità, peraltro nobilissima, di venire scossa seguendo l'onda sonora. Il volume spaventoso non permette alcuna conversazione, così anche i chiacchieroni sono sistemati, mentre qualcuno trova la musica adatta a pogare. Trattasi di brani strumentali che alternano riff AC/DCiani a rallentamenti sludge, il tutto filtrato e armonizzato dallo stile del duo, improntato a una lucidità tipicamente hardcore: grande convinzione (i 22 anni di esistenza parlano da sé) e pochi tecnicismi, pur in presenza di una tecnica sopraffina. Anche se meno intrigante della performance precedente è, per certi versi, musica facile e che trascina, se solo si è un poco avvezzi a certe sonorità. Altri tre quarti d'ora che passano bene, solo verso la fine affiora forse un po' di noia, che si supera con una breve sosta al bar (niente più Queen stavolta). Si finisce che è da poco passata la mezzanotte, ottimo orario, contando l'ora e mezza di macchina che ci separa da casa. Peccato aver parcheggiato inavvertitamente in un posteggio che chiude alle 24, così che ci tocca chiamare ed aspettare mezz'ora la vigilanza che venga a liberarci, non senza sguardi inquisitori e richiesta di documenti. Ma non è abbastanza per rovinarci la serata.