AIDS Wolf – Cities Of Glass (Skin Graft, 2008)

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Reduci da uno split con Athletic Automaton, con i quali spartiscono una incompromissoria propensione all’attacco sonoro, gli AIDS Wolf, da Motreal, raggiungono con Cities Of Glass quota terzo album. Pubblica Skin Graft, indizio non trascurabile, visto il catalogo dell’etichetta, ricco di succose follie. Cosa troviamo in Cities Of Glass? Una frana di chitarre (due) e batterie (una) completamente votate alla destrutturazione e, naturalmente, alla distruzione, e sopra una voce urticante, a-melodica, al limite del sopportabile, delirante. Piace? Non piace? Ha un senso? Immaginiamo dei Deerhoof alle prove degli Arab On Radar, ma dove i primi hanno melodia e i secondi follia chirurgica, gli AIDS Wolf hanno catastrofe e delirio incontrollato. Se dal vivo tanta furia sicuramente deve avere il suo fascino, su disco il gioco mostra tutti i suoi limiti e diventa un po’ stancante. A tratti però, improvvisamente, il gruppo sembra mettere a fuoco il suo obbiettivo, le chitarre si ricompongono in riff primitivi e ripetitivi, lo sfascio brutale continua ad essere sì gratuito, ma perde completamente quelle sembianze di giocosa provocazione che lo rendono in un certo senso innocuo, mostrando invece un lato più paranoico e violento che riesce davvero ad intimorire. Da un certo punto di vista tutto questo mi ricorda la scena di Funny Games in cui un Tim Roth ormai stremato chiede ai suoi aguzzini adolescenti: "Perché lo fate?" Risposta: "Perché no?".