Agnostic Front – Another Voice (Nuclear Blast, 2004)

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Disco inconsistente e insapore come uno yogurt greco, ma senza fermenti lattici né carattere. Non ho mai avuto nulla in contrario che la working class avesse la possibilità di “innalzarsi dalla gabbia metropolitana per poter urlare a gran voce il proprio disagio”. Ma questi vecchi debosciati, solo Vinnie Stigma e Roger Miret degli originali, sono in età da pensione: troppo vecchi per essere inseriti in una fabbrica metalmeccanica e troppo imbolsiti per una bolgia hardcore. Ecco allora che potrebbe emergere la funzione terapeutica del calcio: se avessero avuto il pallone sarebbero sicuramente finiti a far i commissari tecnici in un bar e non a produrre dischi come questo. Ma a Brooklyn, purtroppo, il calcio non c’è. Io poi, non sono tra quelli che credono che l’hardcore sia invecchiato male, ma, per sua stessa definizione, se ci togli rabbia, passione e sentimento cosa resta? Un disco come questo, per l’appunto. Un disco che suona un Mi basso dall’inizio alla fine non è dogmatico nemmeno se lo applicano gli Agnostic Front, è solo trituramento micidiale. E per chi poi? Non riesco e non oso immaginarlo. Se poi è vero che, in tour, Vinnie Stigma ha definitivamente sostituto il trasmettitore della chitarra con un pacchetto di sigarette rivestito d’alluminio (giuro che mi è stato riferito dai soliti bene informati) le cose cambiano. Sì, allora significa che c’è un disegno illuminato e perverso dietro tutto questo. Ma allora chiamatelo situazionismo, non hardcore e presentatelo alla Biennale di Venezia facendolo cantare ad uno dei mongoloidi di Pippo Del Bono. Another voice per l'appunto.