Adamennon – Le Nove Ombre Del Caos (Boring Machines/Arte Tetra/Weird Tapes, 2017)

MMXII sembrava aver chiuso un percorso di sofferta creatività nella carriera di Adamennon tanto che i dischi successivi, per non parlare dei progetti in coabitazione, battevano strade non lontanissime ma certamente divergenti; il tempo tuttavia è ciclico e col volgere di strani eoni anche la vena che aveva portato alla nascita di quell’album è tornata attiva. Le Nove Ombre Del Caos è ancora una volta figlio di una lunga e solitaria gestazione che ci consegna un disco caratterizzato da una forte unità stilistica capace di rivestire con nuovi paramenti le atmosfere del predecessore: se MMXII era un viaggio iniziatico questo suggerisce una narrazione che si dipana fra veglia, sogno e allucinazione attraverso ambienti claustrofobici e incontri con sinistre figure (se mai servisse risonorizzare Il Segno Del Comando sappiamo a chi rivolgerci). Le melodie di tastiere che si sovrappongono ipnotiche in Un Sospiro Nel Profondo Nero provocano un’apnea che da subito altera le percezioni: Il Felino Dallo Sguardo Che Arde è reale o immaginario? Non importa, è l’animale-guida che seguiamo a fatica (qui entra la batteria e a tratti alza i ritmi) e ci conduce prima nel Museo Delle Anime Perse, dove canti simil liturgici ed urla belluine disegnano uno scenario da girone dantesco e poi al siparietto de La Giostra Del Folle per danzare un valzer demente che ci porta al centro del disco: ormai è chiaro, il viaggio sarà senza ritorno. Dalle Fauci Al Ventre Della Belva Nera è già dal titolo un cammino forzato che conduce all’Incontro e Scontro Con La Paura: siamo impreparati e in un’atmosfera da film horror veniamo sopraffatti (La Sconfitta Al Pozzo Del Sangue) e precipitiamo  (La Caduta Nel Perpetuo Oblio) ma quasi senza dolore, cullati da una melodia di piano e da sinistri file recordings (qualcuno ci sta scavando la fossa?). Tornati coscienti vedremo tutto con nuovi occhi (Il Risveglio Nella Morte Universale)  perché anche gli incubi talvolta possono cambiare la vita (Le Nove Ombre Del Caos). La veste scelta da Adamennon per questo lavoro guarda dichiaratamente alle colonne sonore di genere degli anni ’70 – Goblin, Fabio Frizzi e Walter Rizzati sono citati nella cartella stampa – ma la formula della soundtrack permette di giocare con linguaggi apparentemente incongrui ma in realtà funzionali allo sviluppo, come nella già citata La Giostra De Folle, nelle armonizzazioni vocali de Il Risveglio Nella Morte Universale o nell’elettronica ’80 che attraversa Il Museo Delle Anime Perse. Inoltre è impossibile non  nominare come padrini gli Jacula e la loro commistione fra prog e arti occulte, tanto più che su questa linea di sviluppo si inseriscono coerentemente spettri del black metal primordiale – sebbene totalmente sublimato in una musica priva di chitarre – utili a eliminare ogni ipotesi di revival: sono loro che sul finale fa esplodere Il Museo Delle Anime Perse e rendono degeneri Dalle Fauci Al Ventre Della Belva Nera e Incontro E Scontro Con La Paura. Per quanto l’album sia fruibile senza troppa fatica e potenzialmente appetibile per gli appassionati di generi diversi l’ascoltatore attento e libero da preconcetti non potrà fermarsi alla superficie: l’invito che Adamennon ci fa è a seguirlo lungo i meandri del disco fino a una trascendenza che paradossalmente conduce verso il basso; solo lì è possibile cogliere pienamente la poco rassicurante essenza di questo lavoro.