AA.VV. – KRST Remixes (Chmafu Nocords, 2011)

Il musicista e compositore bosniaco Slobodan Kajkut pubblicò nel 2009, con lo pseudonimo di Kajkyt, l’album KRST, un lungo pezzo (diviso fra le quattro facciate di un doppio LP) dove il dark ambient si combinava al noise brutale e a battiti minimali, facendo da base per un canto mutuato dalla tradizione monacale bizantina. A distanza di due anni la Chmafu Nocords commissiona a otto artisti il remix di quell’opera, disponibile ora in doppio CD-R o in doppio LP (in questo caso, abbastanza infelicemente, con solo metà dei pezzi).
Sebbene quasi nessuna delle interpretazioni stravolga completamente lo spirito originale, ogni interprete ci mette del proprio, regalando alla compilation una certa varietà che rende impossibile trovare una continuità stilistica fra le otto tracce; l’unico modo per affrontare il disco mi sembra quindi quello di fare una disamina pezzo per pezzo. Il veterano Lustomord distribuisce equamente drone, suoni e ritmi sintetici di industrial vecchio stampo e canti gregoriani, ottenendo un brano accattivante, quasi una versione meno pop degli Enigma di inizio anni ’90 (lo so, non è un gran complimento. Non vuole esserlo). Kauders, compagno di Kajkut nei The Striggles, non si stacca troppo dall’originale, tenendo un tono piuttosto sommesso all’inizio e enfatizzando successivamente ora le ritmiche, ora le parti vocali  con un finale epico davvero riuscito. L’austriaco (ma immagino di origine greca) Nikos Zachariadis, in arte Opcion opta per un cambio di registro notevole, con battiti lentissimi e toni soffusi, dacendo adeguare anche le voci, che abbandonando il tono salmodiante che, in effetti, cominciava un po’ a stancare. Col passare del tempo le frequenze si fanno sempre più sporche e disturbate fino a far naufragare il pezzo in un’atmosfera post-industriale non proprio originalissima, prima di ritornare ai toni iniziali. Ancora più radicale è il trattamento che Leptentik (dei famigerati metallari Fetish 69) riserva alle voci: le fa sparire. Il suo brano è un lungo mantra dubbeggiante, monotono ma affascinante. Il secondo CD-R si apre col remix di James Plotkin e siamo consapevoli che dobbiamo aspettarci il peggio. Anche in questo caso ci si discosta parecchio dal pezzo di partenza, poiché il musicista di Philadelphia ci scaraventa nell’abisso lovecraftiano che tanto gli è familiare. Spazzata via ogni suggestione gotica, lo scenario che ci appare è un puro dark ambient apocalittico, dove le voci, presenti solo all’inizio e alla fine, sono orribilmente alterate, e i pochi momenti di pace sono soltanto la quiete prima della tempesta di rumore, tagliati da synth spettrali, che ci riportano al suono dai tamburi guerreschi di qualche tribù di orribili mostri. Non ascoltatelo prima di addormentarvi. Ad atmosfere inquietanti ma non così atterrenti ci riporta Podrum, con un remix dai suoni ovattati, con qualche picco sintetico a squarciare la nebbia in cui tutto appare affondare. Dopo dieci minuti tutto cambia improvvisamente, dando vita a un pezzo di elettronica ritmica e voce salmodiante che lascia il tempo ce trova. Non pienamente soddisfacente è anche il lavoro del giapponese K.K. Null, che compromette un buon inizio a base di voce e gong con una parte mediana di orribile elettronica tamarra, che il piacevole minimalismo finale non riesce a farci scordare del tutto. Chiude la raccolta il macedone Goran Trajkovski, impegnato in molteplici progetti e collaboratore di Kaykit nella realizzazione di KRST. Questa sua vicinanza gli permette di realizzare la migliore delle versioni diciamo così rispettose dell’originale: il suo lentissimo ambient dub con voci quasi sussurrate, regala un’interpreazione rivista che non sacrifica l’austera sacralità che pervadeva il pezzo di partenza. Sul finale sale di volume, pur mantenendo una lentezza terrificante, finiamo in prossimità delle pagine migliori degli In Slaughter Natives. In definitiva, un ottimo compendio di tetra musica liturgica, con diverse buone cose e il remix di Plotkin che da solo vale l’acquisto.