AA.VV. – Crepe (VacuaMœnia, 2014)

La pratica di field recordings è sempre più diffusa, dalle nostre parti. Certo, non è una cosa originale, ma il fatto nuovo e la forza delle produzioni nostrane è la progettualità e la capacità di fare sistema, grazie soprattutto al supporto dato da associazioni come l’AIPS e da etichette quali la Oak e la Galaverna.  È un discorso complesso su cui sarà il caso di tornare in maniera più approfondita, intanto registriamo l’esordio di una nuova label devota alle esplorazioni sul campo, la siciliana VacuaMœnia.
Partito come interessante progetto di documentazioni sonora dei borghi abbandonati nell’entroterra siciliano, legando territorio, tradizione ed uso sapiente del web (tutto il materiale -suoni, testi, immagini- è disponibile sul sito), con questa raccolta, nata da un open call in occasione del World Listening Day di quest’anno, si apre al mondo, accogliendo contributi da diverse latitudini. Pur ribadendo i nostri pregiudizi sulle compilation, specie in questo ambito (in particolare la difficoltà di farsi un’idea precisa nel poco tempo inevitabilmente concesso a ciascun artista), dobbiamo notare che Crepe si distingue mettendo in evidenza tipologie molto diverse d’approccio alla materia, sia dal punto di vista metodologico che da quello filosofico, facendo assumere ad ogni traccia il valore di un breve saggio. Attilio Doreste, Carlos Suarez e Stéphane Marin propongono suoni con poco o punto post-produzione: lunghe tracce narrative, non male la prima, piuttosto noiose le altri due, probabilmente adatte a contesti di più ampio respiro; sul versante opposto  Lianray Pienaar fa interagire field recordings e chitarra elettrica combinando con gusto dati oggettivi ed emotività e Roberto Zanata manipola i suoni di partenza sintetizzando in cinque minuti i ritmi e il caos di una metropoli. Si fanno notare poi Daniela Diurisi, con i suoi field recordings d’immaginari  luoghi d’infanzia, che pur utilizzando alcuni dei suoni più abusati -canti di uccelli e grida di bambini- ne esce tutto sommato bene e Stuart Fowkes, che trasporta una registrazione effettuata da Jase Warner alla Biennale di Venezia in un luogo immaginario, trasfigurandola completamente. La palma del migliore va al pezzo di Stefano De Ponti ed Eleonora Pellegrini: inerpicatisi sulla collina su cui sorge l’abbandonata stazione radio di Teufelsberg, poco lontano da Berlino, hanno misurato lo spazio coi rumori e le voci, riuscendo a restituirci lo spirito del luogo, fra decadenza post-industriale e romanticismo delle rovine, in una forma che combina splendidamente field recordings e dub naturale. È questo il picco di un disco caratterizzato da un livello generale davvero buono e che rappresenta un’ottima introduzione al mondo di VacuaMœnia: merita un ascolto attento, tanto più che è gratuitamente scaricabile dal Bandcamp dell’etichetta.