Now It's Overhead - S/T (Saddle Creek, 2001)

Debutto per questa band di Athens, che guarda caso ha in formazione le due signorine degli Azure Ray. Un disco quasi spiazzante: il loro indierock si inserisce tra il dark-pop di Cure e Depeche Mode e qualcosa di più tradizionale, vedi R.E.M., passando attraverso My Bloody Valentine e Slowdive. Un sound raffinatissimo; le tastiere sono sempre presenti e riescono con semplicità a creare un’atmosfera abbastanza singolare, cupa ma mai soffocante. Peccato che sia veramente difficoltoso risalire ai titoli dei pezzi: cercare di leggere i testi mi fa venire il mal di testa (sono stampati alla rovescia e scritti a mano), quindi mi limito a consigliare l’ascolto delle tracce numero tre, quattro (Depeche Mode di brutto) e sei su tutte. E la nove! Come potevo dimenticarla: uno dei migliori pezzi 'in chiusura' che mi è capitato di ascoltare da anni.

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Now It's Overhead - Fall Back Open (Saddle Creek/Wide, 2004)

Che lo elettropop stia tornando di moda è un dato di fatto. Che, come per ogni moda temporanea, questo comporti un'enorme quantità di dischi sì "decenti", ma allo stesso tempo inutili è altrettanto conclamato. Il problema di questi Now It's Overhead da Athens, GA (progetto di tale Andy Lemaster con la collaborazione delle due signorine Azure Ray) è proprio che ci sanno sì fare, ma in questo momento non ce ne può fregare di meno. Se l'esordio, poi, era stato sorprendentemente buono, questo secondo disco esagera con l'elettropop e con i suonini sintetici alla "massì mettiamoceli che vanno di moda" (Profile, tanto, pure troppo, Depeche Mode). La voce, poi, in più di un'occasione (diciamo pure in tutto il disco) ricorda troppo quella irritantissima di (vade retro!) Brian Molko.
Il fatto che in un paio di pezzi prestino la voce nientepopodimeno che Michael Stipe (Antidote, carina, effettivamente) e Conor Oberst (la title-track) rende questo disco ancora più catalogabile nel solito "buono, ma ne avevamo davvero bisogno?".
Peccato.

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