Modest Mouse - The Moon & Antarctica (Matador, 2000)

Arrivati al terzo disco, Isaac Brown (cantante e chitarrista dei M.M.) improvvisamente si è messo a filosofeggiare, affrontando gli argomenti in maniera più universale e non da un punto di vista personale come in precedenza - afferma il batterista Jeremiah Green.
Il Topino Modesto punta in alto fin dal titolo, dunque. Anche la durata dell'album (quasi ottanta minuti) conferma questa tendenza.
Senza dubbio le le premesse per eleggere i Modest Mouse l'indie rock band del nuovo millennio ci sono tutte e se a ciò aggiungiamo l'ammirazione che perfino Steve Malkmus riserva nei loro confronti, il gioco è fatto.
Munita di un budget (molto) più cospicuo la band di Seattle ha registrato l'album nella prolifica Chicago, patria dei beniamini (e aggiungerei grandissimi) Red Red Meat.
The Moon... ha il pregio di non sacrificare nulla all'immediatezza delle composizioni nonostante sia indubbiamente più complesso e concettuale delle precedenti uscite, segno forse che il trio Brook - Green - Judy vuole per il momento accantonare la sua reputazione di band alcolica e casinista.
E' ancora presto per parlare di maturità comunque, ma se c'è una cosa che sanno fare bene questi ventiquattrenni, oltre a far bagnare le ragazze (ad es. sentire il basso - che più figo di così si muore - di Tiny Cities Made Of Ashes), è saper coniugare la sfrontatezza beffarda dei Pavement più scanzonati (Perfect Disguise, I Came As A Rat, Life Like Weeds) all' intensità emotiva dei Built To Spill (3rd Planet, Alone Down There e The Stars Are Projectors per citarne alcune).
Proprio quest'ultima band costituisce, e nessuno me lo leverà dalla testa, più di una semplice fonte d'ispirazione per i M.M., basta prestare orecchio al loro quasi continuo utilizzo di quelle chitarre a molla che ormai hanno reso unico il gruppo di Doug Martsch. Questo lo dico senza nulla togliere (o quasi) al carattere di una band che sa alternare pezzi di otto minuti (Life Like Weeds) a brevissimi schizzi di brutale e orecchiabile irruenza punk-garage (A Different City, What People Are Made Of) oltre che a scherzi acustici che rimandano ai Palace in overdose di Prozac (Wildpacks Of Family Dogs).
A volte si ha come l'impressione che qui ci sia troppa carne al fuoco (seppur di prima scelta), ma è anche vero che un disco così mica lo si ascolta tutti i giorni: fate un pò voi...una cosa è comunque fuori discussione: i Modest Mouse sono un trio da marcare stretto.

apparte la somiglianza brutale con i builttospill (ma
io continuo a preferire i mm) con questo disco secondo
me si avvicinano a qualche cosa dei lemonheads... non
tanto nella musica quanto quello che rappresentano...
l'essenza stessa dell'indierock americano. diecianni fa
era evan dando oggi è isaac brown, lo frega solo il fatto
di nn avere juliana hatfield al suo fianco... c.que non è il
loro disco migliore (quasi il peggiore) andate a cercare
dramamine su it's a long eccetera
Matteo

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