Damien Jurado - I Break Chairs (Sub Pop/White And Black, 2002)

Metto subito le cose in chiaro: io odio Brus Spristi (sebbene ammetta che Nebraska sia un bel disco). Non lo odio musicalmente, ci mancherebbe, ma come persona mi fa proprio schifo. Lo trovo patetico e disonesto, ma qui il discorso si dilungherebbe troppo, e finirei fuori tema, quindi la smetto qui. Veniamo al disco in questione sennò il capo si arrabbia e mi manda a vendere occhialini sulla spiaggia. Il paffutello Damien Jurado se ne uscì un paio di anni fa con Ghost Of David, che lo fece diventare un piccolo 'caso' anche dalle nostre parti (e, detto tra noi, il precedente Reharsal Of Departure è pure meglio). Ballate acustiche, soprattutto, voce molto da Nick Drake americano, ma comunque sempre quieto e tranquillo, con la sua chitarra, seduto su una sedia. Ecco, è proprio quella sedia che viene spaccata da questo I Break Chairs: chitarra elettrica (una Telecaster, immagino), una band dietro (i Gathered In Song, che tra l’altro si chiamano come un suo precedente EP) ed una vagonata di energia in più. Paperwings, il pezzo posto subito in apertura, rende subito l‘idea del mood generale del disco: schitarrate rumorose (grunge?), batteria 'pestata' (con moderazione) e tanta tanta tradizione americana (Brus Spristi, appunto). Non mancano le ballate (Air Show Disaster su tutte, con uno xilofono un po’ alla Bedhead), ovvio, ma chi ha sentito i dischi precedenti avrà qualche momento di smarrimento. Ah, il disco è molto bello, comunque (ed è prodotto da David Bazan, aka Pedro The Lion). Citando il press-release: “Damien breaks more than chairs, so watch out for your heart”.

aggiungi il tuo parere


Damien Jurado - Where Shall You Take me? (Secretly Canadian, 2003)

Un buon affare questo ultimo lavoro di Jurado, l'avevo acquistato ad una bancarella insieme con Frigid Stars dei Codeine e una raccolta che non avevo dei Sentridoh. Un ritorno al minimalismo folk dopo la chitarra elettrica di I Broke Chairs: Where Shall... è un lavoro introspettivo in grado di seguire le orme di Will Oldham, senza sbiadire al confronto, come la splendida foto in copertina: a volte in questo disco la somiglianza vocale tra i due songwriters diventa davvero notevole (Amateur Night, Tether). Le ninne nanne folk del paffutello e talentuoso Damien però risultano impercettibilmente più rotonde, finite, sembrano, insomma, necessitare di meno ascolti per farsele piacere, senza troppi crucci interiori. Una velata critica questa che muoverei anche al dotato Samuel Beam aka Iron & Wine.
La disperazione di fondo che pervade l'intero album di Jurado sembra andare meno in profondità ripetto alle canzoni del principe Bonnie, il quale però devo dirlo non mi ha proprio entusiasmato con le sue ultime prove: parlo soprattutto di Greatest Palace Music, troppo country, troppo pulito, troppo celebrativo e snaturato. E allora ben venga questo ragazzotto di Seattle che dà una prova di maturità ed emotività nel tracciare una volta di più e con uno stile davvero sorprendente una linea in grado di unire grandi nomi della musica quali (oltre al già citato Oldham): Bob Dylan, Neil Young (si prenda Intoxicated Hands) e Nick Drake. L'amico David Bazan (Pedro The Lion) è ospite al basso nella track Bad Dreams.

aggiungi il tuo parere