Death Cab For Cutie - We Have The Facts And We're Voting Yes (Fierce Panda/Barsuk, 2001)

Stamattina ho passato l'esame di Psicologia dello Sviluppo: niente di particolarmente ostico, ma il programma era abbastanza vasto, e la mia voglia di studiare molto poca. Ultimamente ho acquisito la capacità di preparare gli esami in pochi giorni, poche ore addirittura. Quest'ultimo avrebbe richiesto almeno un weekend, forse qualche giorno in più. Venerdì, presa giornata libera dal lavoro per studiare, mi sono ritrovato sul mio letto a discutere col dio Morfeo per tutto il dì, riproponendomi di buttarmi sui libri se non altro sabato e domenica. Così, logicamente, non è stato: sabato passato sempre in compagnia della mia coperta di pile (il freddo si sta facendo sentire), sera al cinema e domenica a leggere il libro sui Bloody Riot, dopocena dedicato ad una spolveratina dei programmi TV (imprescindibili, la domenica sera, fino alla fine di Controcampo, almeno), quando la coscienza ha cominciato a farsi sentire. Decido allora, intorno alla mezzanotte, di cominciare a dare un'occhiata al programma. Comincio con il manuale, per poi dedicarmi al monografico e a Pensiero E Linguaggio di quel simpaticone di Vygotskij. Alle cinque del mattino finisco tutto (più o meno studiando una pagina random ogni tre/quattro) e mi metto a dormire. Stamattina sveglia alle sette, aguzzo l'orecchio e realizzo che sta piovendo come mai negli ultimi tre giorni. Decido di non prendere la Vespa e di andare all'università in bus. Doccia, colazione veloce (il solito yogurt al cioccolato, che probabilmente mangiamo solo io ed Alice) e via alla fermata. Dopo dieci minuti di attesa realizzo che non sta più piovendo. Mi fiondo sulla mia Vespa nera e mi metto in viaggio verso la mia beneamata facoltà di Lettere e Filosofia. Dopo poche centinaia di metri, il diluvio. Ma non di quelli normali, qualcosa di biblico. In circa 54 secondi ero ridotto come se fossi caduto in mare. Ed era troppo tardi per tornare a casa a cambiarmi. Arrivo in dipartimento fradicio come non mai, in attesa che venisse pronunciato il mio nome, possibilmente il più tardi possibile. E così fu. Passo per ultimo, supero l'esame con uno striminzito ventitrè (che non è male per aver preparato l'esame - il terz'ultimo - in una sera) e mi fermo a chiaccherare con un po' di amici lì nell'atrio. Visto che non stava piovendo ritengo che sia una buona idea quella di mettermi in cammino finché il tempo regge. Come non detto: nel momento esatto in cui la benzina entra nello spinterogeno l'ennesima scrosciata d'acqua mi rende più simile ad un campione del mondo di fondo 5Km (cit.) che ad uno studente che ha appena passato un esame. Arrivo a casa nel primo pomeriggio piuttosto nervoso e stanco ma abbastanza felice per essermi tolto il pensiero dell'esame. In questo momento fuori dalla mia finestra c'è il finimondo, e nello stereo gira We Have The Facts And We're Voting Yes, che poi non è altro che l'unico disco che ho sentito negli scorsi tre giorni di cui ho appena narrato. Se volete le coordinate musicali, beh, il disco non è tanto diverso dal successivo Photo Album di cui parlo in questa pagina.

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Death Cab For Cutie - The Photo Album (Fierce Panda, 2002)

Un disco che colpisce il nuovo dei Death Cab For Cutie, prolificissima band attiva già dal 1997, che già l'anno passato si era fatta notare con l'ottimo We Have The Facts And We're Voting Yes. La ricetta non è poi così diversa: il disco mette in fila dieci lunghe tracce di indie-rock malinconico ed intimista, caratterizzato dalla meravigliosa voce di Ben Gibbard (già ospite nell'immenso disco di Dntel) e dalle armonie chitarristiche di Chris Walla (altro factotum dell'indierock d'oltreoceano). Si riconosce una certa tensione a forti tinte emo (i Sunny Day Real Estate vengono in mente più di una volta, ma io i DCFC li preferisco nettamente), ma pure una marcata influenza del miglior indie-rock, quello che insegna(va)no i Built To Spill, tanto per essere chiari.
E' interessante notare come, quando un gruppo ha classe, quando ci sa fare, è capace di risollevare un genere che sembrava aver sparato le sue ultime cartucce. Dieci pezzi, dieci fotografie (vedi titolo) di vita americana, ma non di quella da teenager brufolosi della media dei gruppetti "emo". I Death Cab For Cutie sono adulti, grazie a dio.

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