C.S.I. - Ko De Mondo (Black Out, 1994)

C'è tutto, in questo primo album del Consorzio Suonatori Indipendenti.
A tratti è una sorta di "manifesto artistico" di Ferretti: "Non fare di me un idolo, mi brucerò, trasformami in megafono, mi incepperò…". Niente certezze, dunque, ma profonde e problematiche riflessioni in musica sulla realtà. Celluloide, con il suo testo costituito da una serie ininterrotta di titoli presi dalla storia del cinema, è un originale omaggio a questo straordinario mezzo di comunicazione. Del Mondo, Occidente e Finistére mostrano, poi, la vena "storico-sociale" dei C.S.I., che rifugge dagli slogan e dalle frasi fatte oggi imperanti. I tre pezzi sembrano formare quasi una sorta di tragica trilogia sulla storia della civiltà occidentale, un mondo ormai "debole e vecchio", in piena decadenza nonostante le apparenze. Qui le sonorità si fanno cariche, soprattutto grazie ad un uso "drammatico" delle chitarre e alla voce quasi profetica di Ferretti, per poi farsi più tenui nella parte più introspettiva dell'album, dove troviamo il surreale monologo di Memorie Di Una Testa Tagliata e la claustrofobica atmosfera di Intimisto.
Nessuna concessione al sentimentalismo, ne' ad uno sterile pessimismo, ma uno sguardo vigile su una realtà descritta più che raccontata. Una visione amara di questo mondo "debole e vecchio", di questo secolo "osceno e pavido, grondante sangue e vacuo di promesse", ma accorata e impegnata, con due possibili vie d'uscita.
In Viaggio e Fuochi Nella Notte sembrano quasi staccarsi dal resto dell'album. La prima è quasi un'esortazione al viaggio, inteso come consapevolezza della propria incompletezza ("viaggiano i perdenti, più adatti ai mutamenti"). Fuochi Nella Notte è, invece, un accorato elogio della poesia, di quella "danza" che non si ferma mai. Nonostante tutto.

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C.S.I. - Linea Gotica (Black Out, 1996)

E' il 1996. E' sempre importante ricordare l'anno, il contesto, entro il quale nasce un opera d'arte. Lo è a maggior ragione per i C.S.I., un gruppo capace di una visione della musica profondamente impegnata e critica. Fatto, questo, eccezionale, in un panorama, come quello italiano, dominato da un orribile bipolarismo: da una parte, i nuovi adepti, consapevoli e non, della new age, tutti impegnati a cercare la felicità (meglio: il benessere) dentro se stessi, quasi il mondo esterno non esistesse; dall'altra un "impegno sociale" che si nutre esclusivamente di slogan e di azioni eclatanti (vedi l'operazione Liga-Jova-Pelù) per risolversi in un ingenuo pacifismo. Per questi motivi ritengo sia utile parlare di Linea Gotica, un lavoro che si propone di far riflettere sullo stato presente dell'uomo e della civiltà occidentali. Una riflessione cominciata già con il lavoro precedente, ma qui vero e proprio fulcro di tutta la faccenda. In Linea Gotica c'è la guerra nell'ex-Jugoslavia, e dalla guerra tutto il disco è permeato, dal grido tremante della chitarra di Cupe Vampe al finale di Irata, che non casualmente prende in prestito frasi da "Il partigiano Johnny" di Beppe Fenoglio, uno degli scrittori più amati dal gruppo. Già da subito si ha la sensazione di trovarsi in uno scenario ben più cupo di quello del precedente Ko De Mondo. Dopo la già citata Cupe Vampe, la splendida Sogni E Sintomi, con il suo contrasto tra la realtà, scandita dal basso lento ed ossessivo di Maroccolo, ed il sogno, nelle eteree tastiere che fanno da sfondo al ritornello, in cui i due aspetti si uniscono ("che i sogni siano sintomi, che i sogni siano segni"). A questo punto, la prima "oasi", nelle straziate dissonanze di una grande versione, più umana e meno metafisica, di E Ti Vengo A Cercare, impreziosita dalla partecipazione dello stesso Battiato. Poi il viaggio ripiomba nel suo cupo andirivieni fra "dissonanze chiassose, confuse" e "armonie affannate, sconnesse" (Blu), fra la pesantezza di Millenni e i silenzi de L'Ora Delle Tentazioni, fra buio e luce (Esco). Ma soprattutto fra presente e passato, uniti nei cupi meandri della title track Linea Gotica.
Infine, la già accennata chiusura di Irata, degna e pessimistica conclusione di un disco che, peraltro, non poteva chiudersi diversamente. Vengono in mente le parole di Militanz, quando ancora erano C.C.C.P.: "Il passato è afflosciato. Il presente è un mercato. Fatevi sotto bambini occhio agli spacciatori occhio agli zuccherini!".

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C.S.I. - Tabula Rasa Elettrificata (Black Out, 1997)

Tabula Rasa Elettrificata è un biglietto Europa - Mongolia e ritorno. Una sorta di fuga dai cupi scenari descritti in Linea Gotica, quasi una risposta all'amaro pessimismo finale di Irata.
Nasce in Russia, e la riguarda, Unità Di Produzione che, cupa apocalisse della pesantezza, avrebbe potuto far par parte del lavoro precedente. Con il singolo Forma E Sostanza, la critica si allarga all'Occidente ricco, comodo e frustrato dall' incessante inesauribile aumento di "voglie e necessità".
Una possibile via d'uscita si trova nella parte centrale dell'album, nata dal viaggio compiuto da Ferretti e Zamboni in Mongolia. Vicini, Ongii, Gobi, Bolormaa ed in parte anche Accade sono spazi in cui i due amici sembrano trovare un po' di quiete; il matrimonio vocale tra Ferretti e Ginevra Di Marco è perfetto, melodie fluide e ariose evocano distese sterminate, parlano di luoghi dove ancora le distanze hanno un valore, dove l'aria e la luce e il buio non hanno ostacoli, dove il Fato è signore, al contrario di quanto accade nella nostra società ossessionata dal merito e dal produttivismo.
Con Matrilineare sembra di riascoltare i CCCP più trascinanti, mentre M'Importa 'Na Sega è una presa di distanza molto coinvolgente e un po' scanzonata dalla nostra apocalisse quotidiana.
I soliti, grandi, C.S.I.

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