The Third Eye Foundation

"Bristol è un città adatta per fare questo tipo di musica, restando nella tua camera perché non c'è niente da fare, tranne stare seduto col tuo Akai e tirare fuori trip-hop, drum n' bass o qualcos'altro".
- Matthew Elliott, Smug Magazine, 1997.

Qualcos'altro in questo caso: Bristol, il trip-hop e il drum n' bass sono elementi fondanti di The Third Eye Foundation, ma l'alchimia che ha portato la creatura di Matt Elliott ad essere tra le migliori proposte musicali degli anni '90 non è così immediata; nessuno nella pur prolifica Bristol ha raggiunto i suoi livelli compositivi ed emozionali. Ora che la fondazione del terzo occhio ha chiuso i battenti, aspettando la reincarnazione sonora del Venerabile Maestro, addentriamoci nei meandri del culto...




Discografia

Album: Singoli ed EP: Inoltre decine di brani sparsi tra split, collaborazioni, remix e brani su compilation...


La storia musicale di Matt Elliott ha origine su un autobus al ritorno da un concerto: lì si narra abbia incontrato Kate (ora nei Movietone) e Rachel (prima Flying Saucer Attack e ora Movietone) e i tre abbiano messo su una band, per il gusto di improvvisare; con l'aggiunta di Dave Pierce, attuale unico titolare di Flying Saucer Attack, il tutto prende una piega più seriosa. Linda's Strange Vacation è il nome della band, che vede coinvolti oltre ai nomi precedenti anche futuri Crescent, Light, Philospher's Stone e AMP. Gli anni passano e Matt, decisamente al centro delle molteplici attività di quegli anni, mette su un'etichetta col nome della sua prima band, dove troveranno spazio alcuni di questi inquieti bristoliani raggruppati sotto il nome di AMP, di cui il nostro fa parte in quel periodo, suonando un po' tutti gli strumenti; altra band in cui partecipa attivamente è Flying Saucer Attack. Le coordinate sonore sono quelle del drone chitarristico, estremizzato in questi ultimi e maggiormente moderato in AMP: psichedelia sonora, mista al dark e ai My Bloody Valentine, rumorismi estatici e contemplativi, musiche che forse a volte peccano d'ingenuità ma molto affacinanti, paragonabili oltreoceano alle uscite del giro Kranky, la quale infatti pubblicherà in seguito un buon numero di artisti di questo ambito. Proprio nei booklet di Flying Saucer Attack spunta il monicker The Third Eye Foundation, preso da un trip avuto molti anni prima; con questo nome verso metà novanta Matt comincia a produrre musiche per conto suo, arricchendo gli ingredienti già citati con l'inserimento della componente elettronica, trip-hop e drum n' bass principalmente, creando una miscela esplosiva: uno dei cardini della Bristol neo-psichedelica di inizio decennio sta per lasciare i suoi compagni d'avventura a chilometri di distanza...
L'esordio è del 1996, Semtex, fulminante: dalla macabra copertina si intuisce che non sarà un ascolto facile. Il primo brano, Sleep, non favorisce particolarmente il sonno, essendo composto da un ritmo sincopato su cui si stratificano chitarre distorte. L'unione dei due elementi non risulta per nulla innaturale, le texture sonore ricavate dalla chitarra con la coppia delay/riverbero e il Roland W30 (notare lo scarsissimo equipaggiamento, a cui si aggiunge un quattro piste) non fanno a pugni, anzi ne viene fuori un suono spaziale, cupo e inquietante, dark e selvaggio. In questo senso va oltre la seguente Still-Life, uno dei picchi assoluti di Third Eye Foundation, con dodici minuti di estenuante delirio ritmico/chitarristico, accompagnato dai vocalizzi 4ADiani di Debbie Parsons, bristoliana che collabora con Matt; l'estasi è raggiunta nel bel mezzo del brano, quando una pausa improvvisa lascia sperare nella clemenza, ma è solo un miraggio... Dopo pochi secondi infatti uno stacco mirabile ci riporta nel vortice più cupo e avvolgente che possiate ricordare. Il seguito del disco è maggiormente stemperato e prosegue mettendo maggiormente in luce la voce di Debbie, accompagnata da chitarre meno rumorose e più sognanti, come nella meravigliosa Next Of Kim, dolcissima, o nella scarna Once When I Was An Indian, lunga e inquietante; chiude la finale Rain, ambientale/estatica, tanto azzeccata da poter essere stata concepita dal genio di Aphex Twin.
Nello stesso anno il prolifico Matt dà alle stampe un disco di remix altrui, pratica che negli anni eseguirà tante volte da dichiarare in seguito di essersi decisamente stufato; In Version è il disco più pesante in assoluto nella discografia di The Third Eye Foundation, ottimi i nomi da cui vengono presi brani: due da AMP (tratti entrambi da Sirènes), uno da Crescent, uno da Hood (con cui collaborerà in seguito producendoli per un periodo) e un Flying Saucer Attack. Irriconoscibili i primi due brani, stravolti da una ritmica devastante e da loop inquietanti, stremante Supersonstellation di Crescent, dove il drone regna sovrano e si trascina per minuti e minuti senza concedere tregua all'ascoltatore, con in più la continua ripetizione della parola "useless"... Eccezionale il lavoro fatto su Eyes di Hood, dove nella tempesta sonora riecheggiano gli accordi acustici e la voce dei fratelli Adams. Chiude la devastante Way Out Like David Bowman, a nome Flying Saucer Attack ma firmata solo da Matt, che non ringrazia neppure nei credits l'altro FSA David, la cui continua reiterazione delle stesse sonorità ha suscitato spesso polemiche da parte del nostro.
L'anno si chiude con la cessazione delle attività della Linda's Strange Vacation e con la confluenza delle band bristoliane nella Planet Records, vera espressione del sentire comunitario del periodo. Il sogno dell'autoproduzione durerà poco, perché la Domino approfitterà della scarsità di mezzi dell'etichetta per inglobarla e prendere in catalogo ciò che maggiormente la interessa, compreso naturalmente il buon Matt. Su Planet rimangono un buon numero di produzioni interessanti, tra cui a nome The Third Eye Foundation il solo 7" Universal Cooler, dove si trovano due pezzi molto interessanti, originali rispetto al resto della discografia: la stessa Universal Cooler, dove su una base orchestrale con ritmo drum n' bass scorre il campionamento di un rapper, e I'm Not Getting In A Car With You, in cui dopo un inizio lento ed ambientale il disco viene interrotto da un vociare distorto accompagnato da suoni inquietanti.
Nel 1997, anticipato dal 12" Semtex, esce per la Domino Ghost, terzo disco di The Third Eye Foundation, dove le chitarre lasciano definitivamente posto ai campionamenti: oltre alle melodie, anche le voci non sono più incise, ma vengono trafugate da dischi di musica turca, per la quale Matt nutre una vera passione. Non cambia però l'approccio dark e ritmato alla materia, anzi l'anima nera della musica è messa bene in evidenza, nonostante stupisca parecchio pensare a qualcosa di ballabile... Ghost è compatto, intrigante e scuro, straniante e magico nel suo incedere corposo. Su tutte le composizioni si stagliano la sibilante Corpses As Bedmates, dal titolo esplicativo, il mantra di The Out Sound From Way In e la finale Donald Crowhurst, desolata e malinconica nenia postmoderna: un piccolo capolavoro. Si interrompe la collaborazione con Debbie, che in seguito si dedicherà al suo interessante progetto Fohen; nello stesso anno, con in copertina una ditta di onoranze funebri, esce l'EP Sound Of Violence, che come titolo e layout lasciano prevedere non è particolarmente morbido... La title-track vive tra sibili e campionamenti di voci veramente inquietanti, il tutto abilmente miscelato: effetto assicurato. Segue A Name For My Pain in due versioni desolate/desolanti e una versione esemplare di Corpses da Ghost, maltrattata all'estremo.
Il 1998 si apre con l'EP Fear Of A Wack Planet, che preannuncia la svolta: di lì a poco uscirà You Guys Kill Me, disco più trip-hop e 'moderato', un po' il tentativo - a detta dello stesso - di inserirsi nel settore, ma al contempo ancora interessante ed originale, tanto che non sfonderà assolutamente... Il titolo ancora una volta ironizza sul tema della morte e della violenza, vera fissazione di Matt sublimata nella passione per le arti marziali: la copertina in più reca un'immagine di Gesù Cristo... Certo, nelle musiche viene a volte limitata qualche progressione ritmica estrema, ma il blues triste e sconsolato la fa da padrone, fin dall'iniziale A Galaxy Of Scars, con gli archi ad accompagnare una melodia rallentata campionata chissà dove: Matt ha comperato un campionatore più potente per questo disco, e si sente: la varietà di suoni è molto più ampia che in passato. Dopo un pezzo transitorio arriva There's A Fight At The End Of The Tunnel, dove vi aspettereste solamente un rapping cupo e nervoso e invece vi dovete accontentare di un campionamento vocale quasi irriconoscibile; il disco scorre raggiungendo in alcuni momenti i picchi di Ghost e in altri mostrando lati nuovi, straniti ma meno violenti, culminando nella finale In Bristol With A Pistol, trip-hop apparentemente placido, ma funestato dal titolo inquietante: nell'EP a nome In Bristol With A Pistol al pezzo verrà tributato il giusto onore, proponendolo in una versione dilatata (chiamata The Full 9mm), accoppiandolo a Counter Culture, un remix di Suncoil Sect. Il 1999 vede l'uscita solo di questo mini e il culto della fondazione potrebbe richiudersi in sé stesso replicando qualche schema proposto in passato, ma il terzo occhio guarda ancora una volta più lontano e un'altra autentica gemma è all'orizzonte.
Esce nel 2000 l'EP What Is With You, dove il pezzo omonimo non può che fare centro: un incedere sincopato di batteria, accompagnato da colate di archi fuse e voci liriche effettate, ci porta verso un'esplosione ritmica devastante. E' dolce, apocalittico e conturbante, è come non mai The Third Eye Foundation, ma con richiami contemporanei, atmosfere maggiormente sospese e colate di tristezza malinconica da brividi; il miracolo si ripete in Are You Still A Cliché (With Troubled Mind)?, dove le molteplici melodie vocali si incastrano a formare un tema cristallino, accompagnato da una voce che pronuncia solo la parola Jesus ("Gesù sei ancora un cliché?", bella domanda...). Chiude il singolo una versione strepitosa della title track ad opera di The Remote Viewer, fredda e debitrice ai migliori anni settanta/ottanta elettronici. Nello stesso anno il disco, Little Lost Soul, mantiene decisamente le promesse del singolo che lo anticipava: nei sette brani presenti si respirano atmosfere nuove, capaci talvolta di sconfinare nella malinconia del fado; sia le tessiture melodiche che le ritmiche sono molto più complesse che in passato, l'ulteriore salto di qualità è più che evidente. Sorprendente soprattutto l'uso delle voci, per lo più campionate dalla lirica, ridotte a stranianti e struggevoli muggii, come in Lost, picco del disco con i suoi dieci minuti di sconfinata saudade; resta esemplare il finale di Goddamit You Have To Be Kind, col suo incedere prima svogliato e ripiegato su sé stesso e poi lentamente sempre più marcato fino al raggiungimento dell'estasi, con l'inserimento graduale di voci angeliche. Niente è lasciato al caso, tutto è calibrato a puntino, senza cali o lungaggini: dai titoli (I've Lost That Loving Feline, dedicata al suo gatto) alla grafica eccellente, formata da collage di immagini, manga e ogni tipo di timbri, fogli e scritte ad opera di Uncle Vania, il tutto filtrato sul beige.
Quando la carriera sembra all'apice, Matt decide di voltare pagina, dando alle stampe nel 2001 un disco contenente per lo più remix e collaborazioni già edite, e dichiarando di voler mettere in soffitta il suo monicker. I Poo Poo On Your Juju non è però un disco per soli fini contrattuali, in quanto contiene molti brani notevoli, che altrimenti sarebbero stati di difficile fruizione, sparsi nei dischi dei rispettivi autori. Primo brano è l'eccellente remix di La Dispute di Yann Tiersen, il cui tema è stato utilizzato da Matt per Lost ed è il brano che ha iniziato l'ultima fase artistica di The Third Eye Foundation; segue To Describe You di Tarwater, dove un pezzo della band teutonica viene intrappolato nella melancolia bristoliana; ma il vero The Third Eye Foundation, cupo, sofferente e romantico viene fuori nel remix di Urchin, con l'aggiunta letale di campioni simili ai miagolii di un gatto... Non poteva mancare un esponente della scena di Leeds, che con 555 Records e Hood è sempre stata molto vicina a Matt: un remix di The Remote Viewer ne è testimonianza, con i glitches originali avvolti lentamente da una nenia estatica; inedita è la collaborazione con Chris Morris, uno dei personaggi più stimati da Matt, e l'affinità musicale tra i due è facilmente riconoscibile. Da segnalare ancora il remix di Four Damaged Lemons di Blonde Redhead, commovente, e un lisergico e coinvolgente remix di Faultline. Come addio non c'è male...
The Third Eye Foundation è stato in grado come pochi di fondere approccio indie rock e sperimentazione post-wave alla musica elettronica, attraverso una sensibilità e un gusto eccellenti, che gli hanno permesso di variare continuamente la sua proposta. Sicuri che l'anima nera ed inquieta di Matt Elliott non sia ancora soddisfatta, non resta che attendere il prossimo atto.

In rete: www.thirdeyefoundation.com, il sito semiufficiale, ampio e preciso.

letta la monografia mi sono quasi commosso...
uno dei piu' grandi talenti degli ultimi anni e passato
quasi inosservato ai piu'. 3rd Eye Foundation, FSA, AMP,
Hood, Crescent, Movietone (!) hanno ridisegnato le coordinate
del suono inglese. Grazie di cuore, tornero' spesso e spero
di poter contribuire alla causa... ciaociao
jacopi!

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